C’era una volta il Contratto Nazionale
Dopo il CCNL dei metalmeccanici che ha erogato con le retribuzione di giugno la iperbolica cifra di euro 1,70 (si, un euro e settanta centesimi), lordi naturalmente adesso anche per i chimici arriva la sorpresa. Gli aumenti previsti dal CCNL non ci sono più e dei 35 euro previsti ne rimangono solo 13.
Il 27 Giugno le segreterie nazionali Filctem Femca e Uiltec (le categorie CGIL CISL UIL dei chimici), si sono incontrate con Federchimica e Farmindustria per la verifica sugli scostamenti inflattivi, così come è previsto dall’art.15 del Ccnl de settore del chimico farmaceutico.
L’incontro si è concluso con la sottoscrizione di un’ipotesi di un altro accordo al ribasso che toglie ai lavoratori 22 euro al mese.
Le parti, recita l’ipotesi di accordo, in relazione allo scostamento tra inflazione reale 2016 (0,1%, indice IPCA secondo quanto calcolato dall’ISTAT il 30 Maggio 2017) e quella prevista (1.1%, indicata nel CCNL), una differenza quindi dell’1%, hanno concordato di ridurre gli aumenti salariali previsti dallo stesso rinnovo.
Le organizzazioni sindacali e quelle padronali hanno infatti concordato che, a far data dal 1 Gennaio, per i minimi contrattuali (minimo+ipo) gli aumenti saranno adeguati allo scostamento dell’inflazione reale secondo l’indice IPCA: il livello medio D1, a fronte di un aumento previsto dal Ccnl di 35 euro mensili, percepirà quindi solo 13 euro mensili. La differenza di 22 euro sarà erogata nell’EDR (Elemento Distinto della Retribuzione), ma solo fino a Giugno 2018 e poi basta.
Un vero imbroglio se pensiamo che nelle assemblee ai lavoratori questi sindacalisti avevano fatto votare aumenti pari a 90 euro nel triennio ed ora questi lavoratori, senza poter proferire parola si vedono sfilare dalle mani anche quei pochi euro di un contratto tutto al ribasso in termini di diritti scambiati con il welfare aziendale per dare sostegno alle politiche di privatizzazione dello stato sociale da parte dei padroni vecchi e nuovi.
Non è casuale se molti delegati, purtroppo ancora poco ascoltati, avevamo denunciato, nel corso del rinnovo del Ccnl chimico, la contrarietà al legame dell’aumento salariale agli aumenti all’indicatore IPCA (inflazione scorporata dai costi energetici) e che gli aumenti contrattuali, visto l’andamento dell’inflazione, sarebbero stati molto minori rispetto a quelli previsti ed annunciati dai sottoscrittori dell’accordo.
La cosa peggiore è che se l’andamento dell’inflazione sarà anche per quest’anno in linea con quella dello scorso anno, salterà completamente anche l’ultimo aumento previsto per Dicembre 2018, oltre al fatto che la differenza inflattiva è anticipata nell’EDR.
In soldoni alla fine del triennio l’aumento sarà la metà o poco più di quello previsto nel rinnovo e fatto votare nelle assemblee dei lavoratori e delle lavoratrici (90 euro).
Il contratto dei chimi, quello dell’igiene ambientale e dei metalmeccanici sono la prova che il contratto nazionale ormai ha cambiato ruolo passando da contratto acquisitivo (nuovo salario nuovi diritti) a quello di semplice misuratore dell’inflazione naturalmente depurata dai costi energetici e quindi rinunciando non solo ad aumentare il potere d’acquisto dei salari ma rinunciando anche a difenderlo dall’inflazione.
Questi sindacati ormai hanno sposato la tesi che il salario può aumentare solo lavorando più ore (vedi CCNL igiene ambientale) o rinunciando alla futura pensione (decontribuzione) piuttosto che puntare ad un aumento delle retribuzioni per via contrattuale.
Hanno sostituito la contrattazione collettiva con l’incentivo individuale a totale discrezione delle imprese.
p. USB Trentino – Ezio Casagranda