Dorigatti, Giovanetti e il dissenso in piazza
Questo scritto lo abbiamo inviato al giornale L’Adige in risposta alle dichiarazioni di Dorigatti relative alle “presunte violenze” della manifestazione degli studenti in occasione dello sciopero europeo del 14 novembre.
Purtroppo nessuno è riuscito a leggerle perché non pubblicate. Naturalmente in nome della democrazia, della correttezza dell’informare, della trasparenza e del pluralismo.
LA REDAZIONE.
Lette le considerazioni di Dorigatti e di alcuni sindacalisti della Cgil in relazione alla manifestazione degli studenti (e non solo) di mercoledì 14 novembre 2012, in occasione della giornata di sciopero europeo, la prima considerazione è stata quella di non rispondere a queste provocazioni. Poi dopo qualche riflessione abbiamo ritenuto che una simile strumentalizzazione delle realtà non poteva restare senza una risposta che riportasse ai cittadini la versione di chi alla manifestazione degli studenti ha partecipato attivamente.
Prima questione: non è secondario che la manifestazione degli studenti abbia voluto dare una valenza concreta e visibile agli obiettivi che la confederazione europea dei sindacati (CES) ha voluto dare alla giornata di sciopero del 14 novembre. Non solo contro le politiche di austerità ma anche contro le conseguenti politiche di vera macelleria sociale messe in atto dai governi europei costretti a fare i compiti a casa.
Definire assalto alla banca il lancio di alcune uova e l’aver attaccato qualche manifesto significa fare una scelta di campo ideologica: la manifestazione deve essere per forza violenta e quindi anche l’accensione di un fumogeno è un atto violento (se invece viene acceso al Briamasco o in qualche altro stadio è espressione di passione sportiva e sostegno alla squadra del cuore).
Paragonare una catena simbolica messa ad una delle 3 porte di entrata della PAT ad un assalto al palazzo della provincia sarebbe puerile se non avesse lo scopo di criminalizzare chi manifestava pacificamente.
Non ci azzardiamo a pensare cosa avrebbero scritto Giovannetti e Dorigatti se fossero accaduti dei momenti conflittuali come a Roma. Avrebbero accusato gli studenti di “essere il braccio armato di Al Quaeda”?
L’Adige che si è distinto nel dare un’impostazione forzatamente violenta del corteo è stato preso come oro colato dal presidente del consiglio provinciale e da questo ne ha fatto discendere una serie di considerazione che nulla centrano con quanto avvenuto alla manifestazione del 14 a Trento. Quella manifestazione anche se nettamente più vera e visibile non ha oscurato la manifestazione della Cgil.
Se questa è stata oscurata le responsabilità vanno ricercate nei limiti della sua organizzazione (poca informazione e poca convinzione). La critica di Dorigatti ha quindi sbagliato il recapito, dovrebbe essere inviata invece in via Muredei, non in via Dogana.
Che l’ex segretario della CGIL lanci inutili anatemi contro una manifestazione a cui non ha partecipato e basandosi solo su informazioni distorte è grave per due motivi.
Di merito, in quanto le sue affermazioni sono offensive verso i 400 giovani che hanno avuto il coraggio e la dignità di essere in piazza contro i tagli alla scuola pubblica.
Di metodo, in quanto un presidente del consiglio dovrebbe assumere tutte le informazioni (magari usando il suo ufficio stampa, i video che circolavano in rete o semplicemente facendo una telefonata) prima di esternare posizioni che, in quanto non veritiere, infangano le stesse istituzioni che dovrebbe difendere.
Per opportuna conoscenza preme ricordare al presidente Dorigatti che la manifestazione, in piena sintonia con lo spirito dello sciopero europeo (tanto che anche in Spagna, Portogallo, Belgio e Grecia hanno manifestato con modalità simili) ha voluto toccare i punti critici del massacro messo in atto dal governo Monti e non molto differente dalle politiche economiche della giunta Dellai.
Contro i tagli al trasporto urbano gli studenti hanno posizionato uno striscione sulla pensilina della stazione delle autocorriere per simboleggiare la contrarietà all’aumento del costo del biglietto, il taglio delle corse urbane, le politiche sulla mobilità che prevedono opere scellerate come Metroland e il TAV che hanno costi economici e ambientali devastanti.
Davanti al supermercato Poli abbiamo voluto denunciare la precarizzazione del lavoro (riforma Fornero e pensioni) ma anche contro il lavoro domenicale, lo sfruttamento dei contratti a termine e i ricatti che spesso vengono fatti nei confronti delle lavoratrici madri, e contro un sistema del commercio succube delle grandi catene distributive che soffoca l’agricoltura a KM 0.
Davanti all’università per denunciare la sempre più massiccia influenza delle imprese sugli indirizzi universitari, contro una provincializzazione e l’esclusione degli studenti dagli organi istituzionali dell’ateneo o i tagli ai servizi come quello delle biblioteche.
Davanti alla Banca Unicredit per denunciare il ruolo della banche in generale, che dopo essere state la causa della crisi e dopo aver ricevuto ingenti finanziamenti a tasso del 1% anziché utilizzare queste risorse per sostenere imprese, comuni, cooperative, o cittadini che vogliono ristrutturare casa, hanno utilizzato i fondi per acquistare prodotti finanziari continuando a speculare sull’andamento dello spread. Inoltre abbiamo puntato il dito contro Unicredit come una delle banche capofila che spingono per la realizzazione delle grandi opere a partire dal Tav del Brennero.
E per finire davanti alla Provincia per denunciare come le politiche di Dellai non siano poi tanto diverse da quelle delle altre provincie.
La spending review nostrana taglia sul protettone, sui servizi e sulla sanità. La precarietà ormai è di casa in provincia (oltre 80% delle assunzioni precarie) mentre cresce il ricorso al lavoro nero e all’evasione contributiva. Le controllate sono ormai fonte di sprechi, niente è stato fatto sul fronte dei tagli alla politica (rinviata alla prossima legislatura), si impongono le comunità di valle soffocando l’autogoverno dei comuni attraverso una gestione autoritaria dell’autonomia.
Infine durante il corteo che ha pacificamente, ma rumorosamente attraversato la città sono state denunciate le politiche repressive di questo governo che non conosce altro dialogo se non quello del manganello. Lo si è visto in Valsusa, nelle piazze quando protestavano gli studenti o gli operai dell’Alcoa che rivendicavano diritto allo studio e al lavoro, ovunque ci fosse Monti o qualche ministro (come a Riva del Garda lo scorso 27 ottobre o all’ultimo Festival dell’Economia a Trento), contro gli operai del Sulcis, e come abbiamo poi visto contro i cortei del 14 novembre.
Caro Dorigatti, ci spiace che da sindacalista che stava dalla parte “degli ultimi e dei lavoratori” come sei stato, oggi ti ritrovi a sostenere le tesi del governo.
Forse il ruolo che copri ti ha fatto dimenticare che i diritti, la democrazia, l’articolo 18, le leggi a tutela del lavoro, gli stessi contratti nazionali sono costati scontri violenti con la polizia, arresti e licenziamenti. Anche allora erano molti quelli che definivano violenti quei lavoratori che hanno messo i loro corpi davanti alla cieca repressione della polizia mandata da governo e padroni. E purtroppo molti di questi sono rimasti esanimi sull’asfalto. Ma se una persona che ha visto tutto quello che abbiamo visto noi cancella la sua memoria è un persona che ha perso culturalmente.
E di questo prendiamo atto.
Ezio Casagranda – Stefano Bleggi – Riccardo Valsecchi e l’assemblea degli studenti.
Dorigatti, Giovanetti….ma chi sono costoro?
“Più uno lavora, meno guadagna; meno produce, più ha benefici. Dunque il merito non è considerato.
Solo gli audaci s’impadroniscono del potere e poi si affrettano a rendere legali le proprie rapine.
Dalla cima al fondo della scala sociale tutto è solo furfanteria da una parte e imbecillità dall’altra…
Il diritto di vivere non si mendica, si prende”.
Alexandre Marius Jacob
(antonio)