Indignati: Non ci fermeranno

La manifestazione di ieri a Roma che ha portato in piazza centinaia di migliaia di lavoratori, studenti, disoccupati, pensionati, casalinghe, cittadini comuni. Una manifestazione che ha visto marciare assieme, pacificamente, il popolo dei referendum, che hanno portato in piazza la lor determinazione nel chiedere il rispetto del voto popolare, ai terremotati dell’Aquila che chiedevano giustizia e la ricostruzione della loro città devastata fisicamente dal terremoto e politicamente dalla corruzione.
I NO TAV che gridavano “Giù le mani dalla Valsusa” “Solo noi vogliamo decidere il destino nostro e del nostro territorio”.
Insomma nonostante i timori della vigilia, purtroppo divenuti realtà, il popolo degli indignati ha organizzato una grande manifestazione fortemente determinata nei contenuti e negli obiettivi politici a partire dal rifiuto di pagare il debito e della necessità di avviare dei “cantieri” per costruire una vera alternativa politica alla linea della BCE.
Una partecipazione che nemmeno gli stessi organizzatori si aspettavano ma che nello stesso tempo ha creato una grande paura nei palazzi dei poteri e della politica italiana. Questa manifestazione oceanica doveva essere fermata.
Io credo che le violenze, inaccettabili e che abbiamo condannato fin da subito, devono essere lette anche sotto questa lente.
Infatti, troppe le coincidenze “casuali” per non pensare ad un’azione organizzata a tavolino dai forze reazionarie per spaccare la schiena a questo movimento che stava diventando la vera alternativa ad un governo inetto, servo, incapace, proteso verso gli interessi del suo padrone e per pericoloso per la stessa democrazia.
Genova aveva dimostrato che la violenza organizzata utilizzando i “famosi” “Black Bloc” che hanno svolto “egregiamente” il loro compito di distruggere dall’interno questo “pericoloso” movimento che metteva in discussione i pilastri del liberismo e i diktat della BCE.
Questi gruppi organizzati che hanno deciso di alzare il livello dello scontro, forse non erano tutti provocatori, sicuramente gli organizzatori hanno trovato terreno fertile fra molti giovani che si rifanno alle manifestazione dei mesi scorsi della Grecia o dell’Inghilterra.
Ma questa pericolosa miscela fra provocatori e giovani incazzati non può sminuire che siamo davanti ad un disegno preciso di destabilizzazione del movimento e del tentativo, peraltro ripreso dalla stampa di destra, di assimilare il dissenso alla violenza di piazza, con il solo scopo di giustificare le malefatte di un governo al servizio della Troika europea.
Non ritengo che sia un caso il fatto che le azioni violente sono iniziate appena dopo un’oretta che il corteo scivolava da piazza della Repubblica a via Cavour. Insomma, subito, perché perché tanta era la gente che il fiume di persone ha sfilato per almeno tre ore e che doveva essere fermata.
Come non è un caso che abbiano devastato un negozio di frutta anziché la gioielleria vicina, come non sono state isolate le azioni messe in campo dai manifestanti per cacciare i provocatori fuori dal corteo. Azioni che spesso ha visto la polizia come osservatrice anziché intervenire per isolare i violenti dall’interno del corteo. Le stesse cariche iniziate in fondo a piazza S. Giovanni non sembravano finalizzate a separare i violenti dal corteo pacifico ma quello di spingere tutti all’interno della piazza per “colpire” il movimento, naturalmente assieme ai violenti.
Come ci porta a riflettere il comportamento delle forze dell’ordine: Tranquilla e discreta per una gran parte del corteo, mentre nella piazza di arrivo del corteo si sono registrati dei veri e propri “caroselli” che hanno permesso “ spinto”i volenti ad impossessarsi “politicamente” del punto di arrivo della manifestazione.
Su questo sono convinto che nei prossimi giorni tutto il movimento saprà interrogarsi su eventuali errori organizzativi e su come proseguire la lotta contro il liberismo economico, contro i diktat della Torika e per costruire l’alternativa alle logiche capitalistiche. Come movimento non possiamo permettere che i grandi ideali degli indignati mondiali siano oscurati e cancellati da una violenza inaccettabile e reazionaria.

Ezio Casagranda

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2 commenti

  • antonio

    “Come movimento non possiamo permettere che i grandi ideali degli indignati mondiali siano oscurati e cancellati da una violenza inaccettabile e reazionaria.” Caro Ezio non sono daccordo con questo finale perchè i grandi ideali si scontrano proprio con la violenza di chi li vuole impedire e dunque restiamo uniti ma non facciamoci infinocchiare da chi platealmente fa lo sporco mestiere di depistatore dei desideri più naturali e intimi di ogni giovane che abbia coscienza di esserlo e cioè che lo stanno prendendo per il cuolo. Basti leggere il finale di uno scrittore – che non è un rivoluzionario – per capire quanto sbagliato sia oggi prendersela con i violenti. Scrive sul finale del suo articolo(“trentino” pagina 7 di oggi 16)Ferdiando Camon dopo essersi schierato contro i violenti: “non c’è un sistema per cacciare i deputati in vendita, non c’è una corte che dichiari anticostituzionale questa legge elettorale, non c’è un garante del popolo che dica di andare al voto. Spaccare le teste è un atto violento e inaccettabile. Ma se la democrazia è questa, è anch’essa violenta e inaccettabile”.
    Antonio

  • Anna

    Siamo in un momento importante, inutile dirlo. Come tu hai ben spiegato nel tuo post, l’attacco al movimento è stato frontale ed è fondamentale le risposte che riuscirà a dare nei prossimi giorni e nei prossimi mesi. Come hai già ricordato, il pensiero va al G8 di Genova. Di fatto, quelle giornate cilene,studiate a tavolino, hanno praticamente cancellato un movimento intero; per lo meno nella sua capacità di rappresentare un dissenso forte verso una visione del mondo distruttiva. Anche oggi, si ripete lo stesso copione, ma questa volta non possiamo permettere che accada di nuovo. Se torniamo indietro negli anni, vediamo queste stesse dinamiche, ma spesso allora, il movimento (studentesco in questo caso ed operaio), ha saputo isolare deviazioni che non condivideva. Oltre a riflessioni su problemi organizzativi, dobbiamo avere la forza di aprire un confronto aperto in tutti quei gruppi, comitati (che siano essi no tav, precari, che si battono per il concetto di bene comune, ecc), che sono indubbiamente etereogenei e trasversali, per evitare confusioni ideologiche: per evitare di lasciare zone d’ombra che potrebbero essere usate da logiche che al movimento non appartengono. Un primo passo, forse, sarebbe chiarire ed approfondire gli obiettivi, in modo che siano più forti ed un po’ meno generici. anna

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