Le (non) coerenze della Cgil
Dopo la nascita del governo delle larghe intese ho la netta impressione che dentro la Cgil si sia aperto il gioco a chi è più filo governativo. Uno sport che sembra coinvolgere il gruppo dirigente a tutti i livelli. Da Roma a Trento.
A livello romano il segretario Susanna Camusso nell’affrontare il tema della disoccupazione, anziché richiamare governo, banche e padroni (pardon Imprese) alle loro responsabilità rilanciando l’unificazione delle lotte per il lavoro e per il reddito di cittadinanza ci informa che la disoccupazione in Italia durerà per i prossimi 63 anni.
Una scelta che, oltre a seminare rassegnazione fra i lavoratori, lascia trasparire una sorta di accettazione delle politiche di austerità e la rinuncia ad avviare una lotta per la riduzione dell’orario di lavoro, per dividere il lavoro che c’è, ma anche per rivendicare una politica economica alternativa a quella proposta della troika europea e pedissequamente applicata dai governi Berlusconi, Monti e Letta.
Ma anche a livello provinciale non si scherza per le (non) scelte delle tre confederazioni nei confronti della giunta Dellai/Pacher ma è sul versante della battaglia per l’acqua pubblica che la Cgil trentina supera se stessa.
Da settimana il Consiglio comunale di Trento si discute di acquedotto, di acqua e della sua gestione e da settimane il comitato acqua bene comune del Trentino effettua un presidio in occasione della discussione di questo tema rivendicando che, un bene prezioso come l’acqua, debba essere gestito da una azienda speciale a dritto pubblico e che l’acquedotto venga requisito a Dolomiti Energia senza oneri o costi per la collettività.
Il sindaco Andreatta invece insiste sulla società in house e per versare 37 milioni a Dolomiti Energia per ripubblicizzare la rete idrica di Trento.
Ora, e non ditemi che è solo una coincidenza, nel mentre anche dentro la maggioranza consiliare iniziano a trovare spazio l’idea di fare un’azienda speciale o di non pagare la rete idrica, o comunque con prezzo simbolico, chi viene in soccorso al sindaco Andreatta?
La Cgil con una dichiarazione di Mirco Carotta della segreteria confederale che sul giornale Il Trentino del 5 giugno scorso scrive «Questa operazione, che scorpora sia acqua che rifiuti da Dolomiti energia, è condivisibile – afferma -, a maggior ragione perché il Comune si riappropria della rete, che è uno degli elementi fondamentali per capire se una gestione va verso il pubblico o esageratamente verso il privato». Una scelta di pieno sostegno alle scelte del Sindaco, compresa quella di “regalare” 37 milioni ad dei privati come l’isa della curia o marangoni.
Un vero “salto della quaglia” come si usa dire in politica se pensiamo che nel gennaio 2012 (un anno fa) sul giornale L’Adige lo stesso Carotta scriveva «Enzo Bassetti – scrive il sindacalista – ha recentemente affermato che Ags non potrà più gestire l’acqua. Condivido, proprio perché Ags è una Spa, quindi soggetto privato con finalità di profitto, quindi incompatibile con il pronunciamento popolare.. I Comuni di Riva, Arco, Nago-Torbole creino un consorzio di gestione dell’acqua, anche volendo una Azienda Speciale Pubblica, per assicurare una gestione appunto pubblica, in linea con il referendum».
Non c’è che dire la coerenza sembra non essere di casa in Cgil e la sua regressione e subalternità alle scelte della Pat e dell’amministrazione comunale è ormai palese per non dire spudorata.
E non è sufficiente qualche arzigogolo del giorno dopo per cambiare il senso politico dell’intervento della Cgil a sostegno di un sindaco in difficoltà sul tema dell’acqua pressato dal “Comitato acqua bene comune del Trentino” e naturalmente dalle opposizioni.
Sostenere come fa la Cgil che la scelta del Comune di pagare a DE 37 milioni per la rete idrica è una scelta condivisibile significa abdicare al proprio ruolo storico per svolgere una supplenza politica a sostegno di questa amministrazione che in nome della spending review non perde tempo a tagliare le risorse destinate ai servizi pubblici.
Ezio Casagranda
E’ all’ordine del giorno la discussione sulla modalità attraverso la
quale i Comuni di Trento, Rovereto ed altri tanti Comuni della
Vallagarina gestiranno i servizi pubblici e tra questi l’acqua pubblica
e l’igiene ambientale.
Qui di seguito posto il mio articolo sul tema del servizio pubblico dell’acqua sul quale caro Ezio commenti a tuo piacimento senza alcune aderenza alle posizioni altrui. Tralascio le valutazioni sulla coerenza, perche essa appare dall’articolo mio.
Se poi tu auspichi che il Comune faccia una SPA per poterlo attaccare è un tuo modo di ragionare, io al contrario chiedo venga fatta una Azienda speciale
Ne chiedo la pubblicazione integrale su questo blog.
Il Consiglio comunale di Trento è chiamato a far ciò che per stessa
dichiarazione del Sindaco formulata alle Organizzazioni sindacali, si è
reso opportuno e necessario, a fronte del pronunciamento popolare dei
referendum abrogativi della norme che imponevano di fatto la
privatizzazione dei servizi pubblici, in primis il servizio degli
acquedotti pubblici,tradotto comunemente: il referendum per l’acqua
pubblica.
Non solo di acqua si tratta ricordiamoci che il bibattito di meno di un
anno fa sulla gestione dei rifiuti, portava a dire che il servizio
sarebbe stato appaltato.
Bene quindi rispetto alla volontà politica della gestione “in casa” dei
due servizi.
Un ulteriore elemento di difficoltà sussiste nel fatto che l’aquedotto,
tutto l’acquedotto di Trento e parte anche di quello di Rovereto, sono
di proprietà privata e quindi se realmente si vuol parlare di gestione
pubblica, l’ente pubblico deve riappropriarsi delle cosiddette reti,
primo elemento per poter affermare che un servizio è realmente pubblico.
Non esiste un servizio pubblico con la rete al privato.
Da qui appare evidente la pretestuosità di chi afferma invece il
contrario:quella parte del Consiglio comunale abbia il coraggio di dire
che preferisce proprietà e gestione privata dell’acqua pubblica.
Non entro nel merito sulla congruità delle cifre necessarie per il
riacquisto delle reti degli acquedotti, è possibile siano alte, ma è una
operazione necessaria se si vuol essere in coerenza col referendum.
Primo dato. Il secondo è quello relativo a chi sarà chiamato a gestire
il servizio, cioè chi è il soggetto che materialmente opera per erogare
acqua e raccogliere i rifiuti.
Diverse possono essere le forme di gestione del servizio l’acqua. Si
potrebbe andare dalla gestione in economia diretta da parte del Comune,
fino alla creazione di una Società per Azioni a capitale totalmente o a
maggioranza pubblica.
Se si conviene sul fatto che sul servizio acquedotto non si debbano fare
profitti, è altrettanto chiaro che invece una SpA anche solo quella
interamente pubblica ha nella sua natura, ha la missione di creare
profitti e quindi sarebbe, anzi è, incompatibile con un servizio che non
deve produrre guadagni, ma al massimo deve “mantenersi” con il
corrispettivo chiesto all’utenza. La ragione per la quale sono a dire
che la scelta dell’Amministrazione comunale è condivisibile, è che non
ho mai sentito dire dalla stessa Amministrazione che l’intenzione è
quella di costituire una SpA, anzi quando si afferma che l’intenzione è
quella di creare un soggetto “leggero” ciò potrebbe significare tante
cose, ma non una Società per Azioni.
Meraviglia quindi che ci siano posizioni di contrarietà alla
ripubblicizzazione degli acquedotti perchè ci sarebbe la SpA, che non è
nelle intenzioni delle Amministrazioni.
Sul lato opposto, quindi sul versante di quale altro soggetto sia
opportuno che gestisca il servizio, escluse le SpA, nell’ordinamento
giuridico, esistono varie forme societarie dotate di personalità
giurudica, con autonomia più o meno marcata rispetto all’Ente pubblico.
Vengono dichiarate dai Comitati referendari, nei quali a pieno titolo è
stata ed è impegnata nel proseguo della vertenza acqua pubblica la CGIL,
posizioni corrette che individuano nell’Azienda comunale il soggetto
ottimale (tecnicamente l’Azienda pubblica e bene sarebbe se fosse
così), la quale “non avrebbe il Consiglio d’Amministrazione” e quindi
la gestione sarebbe direttamente effettuata dall’Amministrazione
comunale. Così però non è. Tutte le forme previste dall’ordinamento
giuridico di ciò che è un ente pubblico quindi quelle che una volta
erano le Municipalizzate cioèl’Azienda speciale, l’Istituzione,
l’Impresa pubblica di produzione, l’Impresa pubblica di erogazione, la
Società a responsabilità limitata, ecc…proprio perche dotate di
personalità giuridica, autonomia imprenditoriale ed uno Statuto che
viene approvato da Consiglio comunale, hanno un Presidente, un Consiglio
di Amministrazione ed un Direttore, con il vincolo al rispetto ovvio
dello Statuto, ma che è l’unico vincolo obbligatorio verso il Comune.
C’è diversità di autonomia, personalità ecc…ma tutte sono governate da
un CdA.
Quindi o si ha il coraggio di dire, se non si vuole un Consiglio di
Amministrazione di una azienda preposta, che l’unica gestione possibile
è quella in economia diretta, cioè far diventare l’acqua un servizio del
Comune con propria gestione e personale dirigente ed esecutivo preposto
o obbligatoriamente si deve scendere sul piano di quale altro soggetto
creare per gestire il servizio.
L’Azienda speciale può andar bene. Se si è daccordo però con la
ripubblicizzazione dell’acqua non si può però esser contrari
all’operazione in atto e in discussione in Consiglio comunale con
motivazioni pretestuose (è una SpA) o sbagliate (non c’è CdA nella
Azienda speciale)che possono mandare all’aria una precisa scelta
politica che se non approvata manterebbe ciò che oggi è realtà, cioè
una gestione più vicina al privato per l’acqua e darebbe in appalto il
servizio raccolta rifiuti.
Proceda quindi l’Amministrazione comunale con la riappropriazione della
rete e con la creazione di una gestione “in casa”, SpA esclusa, proprio
nel rispetto della volontà popolare.
—
Mirko Carotta
Segretario Organizzativo
CGIL del Trentino