A licenziamento politico si risponde con resistenza a oltranza
Nella giornata di ieri è arrivata alla maestra Cassaro di Torino la lettera di licenziamento. La collega che in piazza, quindi non in orario di servizio, aveva contestato Casa Pound all’interno di una manifestazione antifascista, subisce dopo il linciaggio mediatico anche il licenziamento in tronco dall’Ufficio Scolastico Regionale. Non ci risultano provvedimenti simili per insegnanti come il docente di Carrara che si dedica nella sua vita privata a una continua esaltazione del fascismo accompagnato da delirio xenofobo. La pervicacia e l’atteggiamento vessatorio verso la maestra Cassaro non sono solo frutto di coincidenza, non sono solo misure sproporzionate rispetto al comportamento tenuto in piazza dalla collega Cassaro; il licenziamento è un provvedimento politico che sapevamo sarebbe arrivato. La maestra “estremista”, la “cattiva maestra”, l’insegnante “contrastiva” è stata punita. L’eccitazione di chi pensa che la democrazia di questo paese debba essere imbrigliata da disciplina e obbedienza è evidente, così come è chiara l’intenzione di avallare e legittimare il comportamento di chi in piazza, con autorizzazione delle questure o delle prefetture, inneggia all’apologia del fascismo, nonostante ciò sia considerato reato dalla nostra Costituzione.
Non si può assistere in silenzio al succedersi di questi eventi. La vita dei lavoratori della scuola al di fuori del posto di lavoro non può essere soggetta alla discrezionalità dell’istituzione scolastica. La maestra Cassaro quando non è a scuola in servizio è una libera cittadina che esprime liberamente il proprio dissenso critico perché in Italia non esiste il reato d’opinione. La difesa della collega Cassaro, alla quale continua ad andare tutta la nostra solidarietà, non può e non deve passare dall’argomentazione su quanto sia più o meno sproporzionata la pena che il suo datore di lavoro le vuole comminare. I nostri doveri connessi con la funzione educativa si esauriscono con l’orario di servizio. Immaginiamo cosa accadrebbe se tutti i lavoratori fossero minacciati dal ricatto di perdere il proprio lavoro in caso di partecipazione attiva alla vita politica del nostro paese. Si comprende molto bene, quindi, quali siano le finalità politiche di questo decreto di licenziamento che ci riguarda tutti, perché al di fuori delle mura scolastiche i lavoratori sono cittadini che vogliono rimanere attivi, non vogliono arrendersi e non staranno a guardare lo smantellamento dei diritti democratici sanciti dalla Costituzione antifascista nata dalla Resistenza.
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