Acqua: il nostro voto va rispettato
Il comune di Trento, dopo quello di Rovereto, in tema di gestione della risorsa Acqua continua la politica di aggiramento dei risultati referendari cercando di spacciare per pubblico quello che in realtà è privato. La gestione in house attraverso una spa a capitale totalmente in mano ai comuni.
La discussione di questi giorni in consiglio a Trento ed in particolare le dichiarazioni che arrivano dal vicesindaco di Rovereto sono la dimostrazione che gli interessi che rappresenta la gestione in house non sono neutri a partire dalla questione dei 37 milioni che la comunità di Trento dovrebbe sborsare per riacquistare quello che è già suo. La rete idrica della città.
37 milioni che questa giunta comunale vuole regalare ad una società mentre taglia ai cittadini vengono chiesti sacrifici e nuovi balzelli (trasporti, asili, cultura, ecc,) in nome della crisi e della spending review.
Perchè il comune di Trento dovrebbe pagare 37 milioni (22 vendendo le azioni della società partecipata e 15 con un mutuo) anziché attivarsi per ricercare una strada permetta la ripubblicizzazione della rete idrica avvenga a costo zero per la collettività?
Se in passato la rete è stata svenduta i costi non devono ricadere sui cittadini che non sono stati mai coinvolti nelle decisioni di questa Amministrazione comunale.
Infatti se l’obiettivo della “nuova società” fosse l’interesse collettivo, il bene comune e profitto zero (come chiedeva il referendum del 2011) perché tanto interesse viene riservato agli equilibri nel cda o ad avere la presidenza??
Che questa scelta nasconda interessi inconfessabili emerge anche dalla premessa alla delibera per la gestione dell’acqua e dei rifiuti che recita “accertato che …. i servizi pubblici di rilevanza economica … tra cui il servizio idrico e l’igiene urbana, possono essere gestiti in economia oppure mediante una delle seguenti modalità… .. delibera di confermare la scelta …di gestione del servizio idrico integrato a mezzo di una società in house partecipate da più comuni…” è l’ulteriore dimostrazione che la scelta è puramente politica, aggira i referendum e risponde ai poteri forti.
La scelta delle società in house vanno contro il dettato del referendum, dove 27 milioni di italiani hanno chiaramente detto che sull’acqua non devono esserci profitti, ne da parte dei privati ne da parte delle spa a gestione pubblica e che l’acqua deve essere considerata un bene pubblico e quindi gestita da una società speciale di diritto pubblico.
In questi giorni, nel dibattito in Consiglio, l’emergere di un conflitto di interessi nella definizione del valore della rete idrica è la conferma che questa Amministrazione non brilla in trasparenza.
Nella delibera anche il destino dei lavoratori che dovrebbero essere coinvolti in questa operazione di scorporo di ramo di azienda non è chiaro e molti sono i dubbi che rimangono senza risposta relativamente ai loro diritti connazionali, economici e normativi.
Ancora una volta questa Amministrazione ha perso un occasione per dimostrare che la priorità è l’interesse collettivo, ascoltare i cittadini, rispettarne il voto mettendo in campo soluzioni che sappiano valorizzare la partecipazione ed il controllo popolare sulla vita amministrativa della città.
Il bene acqua è una risorsa preziosa e indispensabile e quindi il suo “costo” non può dipendere dalle scelte di un CDA ma deve essere il risultato di scelte partecipate e condivise dalla cittadinanza che non vuole delegare ma essere parte attiva dentro la propria comunità.
Ezio Casagranda