Appello alla fondazione Gramsci di Bologna
“Si può anzi dire che la crisi scolastica che oggi imperversa è appunto legata al fatto che questo processo di differenziazione e particolarizzazione avviene caoticamente, senza principi chiari e precisi, senza un piano bene studiato e consapevolmente fissato: la crisi del programma e dell’organizzazione scolastica, cioè dell’indirizzo generale di una politica di formazione dei moderni quadri intellettuali, è un aspetto e una complicazione della crisi organica più comprensiva e generale”. (A. Gramsci, Quaderni del carcere, vol. III, pp. 1530-31) Come Usb Scuola siamo venuti a conoscenza della possibilità che un progetto extracurriculare proposto dalla Fondazione Gramsci, in occasione degli ottanta anni dalla morte di Antonio Gramsci, a un Istituto superiore di Bologna, venga successivamente approvato, declinato e realizzato nelle more dell’alternanza scuola lavoro. Non sarà certo l’unico caso di rapporti tra licei e istituzioni culturali, volti a ricercare percorsi di alternanza scuola lavoro apparentemente meno insensati e più formativi. Non è un accanimento particolare verso questo progetto, dunque, a farci scrivere. La circostanza però, per le ragioni che diremo, ci spinge a una riflessione i cui termini non possono sfuggire ai lettori e agli studiosi di Gramsci, meno che mai a una Fondazione che porta il suo nome.
Da decenni l’UE sta lavorando per modificare in modo radicale e irreversibile i sistemi di istruzione e formazione dei Paesi membri, con lo scopo, ormai nemmeno più tanto nascosto, di diffondere in modo capillare la cultura di impresa e di mercato e di formare giovani generazioni disponibili al lavoro sottopagato, quando non gratuito, ma anche a spostarsi molto lontano dal paese d’origine per “inseguire” il lavoro e pronte a una continua mutazione della propria professionalità, legata solo e soltanto alle esigenze del mercato.
Le competenze sviluppate nel corso dell’alternanza sono competenze funzionali al mercato del lavoro e alla logica di impresa. In qualche modo, utilizzando l’esigenza di una didattica meno “ingessata”, il mondo del mercato e dell’impresa si è aperto un varco nel mondo della scuola, un passo alla volta, a partire dalle scuole più indirizzate all’impiego lavorativo immediato, per arrivare a quelle che sono sempre state considerate preparazione ai percorsi universitari e quindi “al sicuro” da questi processi, i licei. Il nuovo esame di maturità, con la valutazione delle esperienze obbligatorie di ASL, costituisce un indicatore del tutto esplicito del ruolo assunto dalle tecniche di valutazione quali strumenti di misurazione dell’adesione al modello sociale imperniato sui principi ordoliberisti; a ciò va affiancata l’enfasi sempre più accentuata negli ultimi anni sugli strumenti di misurazione e di valutazione quantitativa nell’attività scolastica, a discapito dei processi e dei contenuti di apprendimento (si vedano per esempio il ritorno ai voti numerici nel ciclo d’istruzione primario e i test Invalsi), oggettività che prelude alla confrontabilità e alla gerarchizzazione dei risultati. Tutte queste metodologie, presentate come innovative, promuovono una didattica apparentemente democratica, mirante a sviluppare capacità che sulla carta favoriscono il pensiero critico e l’espressione individuale.
In tale contesto lo “spirito critico”, separato spesso da ogni contenuto culturale disciplinare, diviene una competenza trasversale, necessaria a promuovere il proprio capitale umano nel mercato del lavoro, perdendo la potenzialità di strumento volto a pensare la società nella sua complessità e a immaginarne una possibile trasformazione democratica. Viene meno del tutto la dimensione in senso ampio politica e civile dell’istruzione scolastica (e universitaria) che perde qualunque finalità pubblica orientata alla formazione del cittadino consapevole del suo ruolo nella società.
Pensare l’istruzione in questi termini significa, per noi, riprendere le pagine dei Quaderni su L’organizzazione della scuola e della cultura, e ragionare sul rapporto tra scuola “umanistica” e scuola “tecnica”, sul rapporto tra formazione teorica e formazione pratica, su quello tra educazione al lavoro e comprensione del mondo del lavoro. Significa insomma non adagiarsi sullo stato di fatto e dare una patina culturale ad un progetto che sta smontando ciò che resta della funzione generale e emancipatrice della scuola pubblica statale, ma nelle forme possibili metterlo in discussione.
I gramsciani, tra i quali ci inseriamo con modestia, hanno il dovere di aprire una stagione di riflessione teorica e di lotta politica e culturale e di porsi il problema di avviare una relazione con un soggetto sociale, le giovani generazioni, sempre più privo di riferimenti seri ed utili per interpretare e provare a modificare la realtà in cui vivono, fatta di precarietà, esclusione sociale, feroce selezione di classe. Non basta intitolare progetti a Gramsci, commemorare anniversari, bisogna farne pensiero vivo con i ragazzi, aprendogli gli occhi sui veri fini dell’alternanza. Lo scopo dovrebbe essere “scoprire da se stessi, senza suggerimenti e aiuti esterni, [che] una verità è creazione, anche se la verità è vecchia, e dimostra il possesso del metodo; indica che in ogni modo si è entrati nella fase di maturità intellettuale in cui si possono scoprire verità nuove…”.
Invitiamo a cittadini, lavoratori della scuola, studenti, professori universitari a sottoscrivere questo appello con il quale chiediamo alla Fondazione Gramsci di non prendere in considerazione in alcun modo i progetti di alternanza scuola-lavoro nei quali la formazione è svenduta e mercificata, continuando invece a proporre progetti extracurricolari che con coerenza permettano agli studenti (e ai docenti) di conoscere il pensiero di Antonio Gramsci.
USB Scuola Bologna
per adesioni inviare mail a bologna.scuola@usb.it L’appello verrà inviato alla Fondazione Gramsci e alla stampa.
Primi firmatari
1. Lorenzo Giustolisi, insegnante Torino
2. Ernesta Bevar, insegnante Bologna
3. Dario Furnari, insegnante Pistoia
4. Silvia Bisagna, insegnante Milano
5. Marco Montanarella, insegnante Bologna
6. Irene Alberici, insegnante Parma
7. Ines Caiazzo, insegnante e ATA Napoli
8. Lucia Donat Cattin, insegnante Milano
9. Maria Angela Leonardi, ATA Bologna
10. Luigi Del Prete, insegnante Palermo
11. Rocco Coluccio, ex insegnante Reggio Calabria
12. Flavia Manzi, ATA Roma
13. Aurora Luongo, insegnante Firenze
14. Cristina Fuga, ex insegnante Roma
15. Loredana Puccio, insegnante Palermo
16. Francesco Marsala, insegnante Gemona
17. Francesco Napoli, ex insegnante Messina
18. Michelangelo Caponetto, insegnante Alba
19. Anna De Luca, ATA Napoli
20. Claudia Urzì, insegnante Catania
21. Pierino Damiani, Gemona
22. Antonio Ferrucci, insegnante Ferrara
23. Alessandro Piccolo, insegnante Catania
24. Antonio Fiore, ATA Napoli
25. Chiara Ferronato, precaria Unibo Bologna
26. Rita Todaro, insegnante Palermo
27. Fabrizio Burattini, ex insegnante Roma
28. Carmelo Ficcaglia, insegnante Trapani
29. Patrizia Serafini, insegnante Roma
30. Daniel Amoroso, insegnante Gemona
31. Paolo Goffo, ex preside Trento
32. Ornella Jerino’, insegnante Reggio Calabria
33. Fabio Perretta, educatore cooperative sociali Bologna
34. Antonino Lazio, insegnante Palermo
35. Alessia Corsi, insegnante Milano
36. Marco Martucci, scrittore educatore cooperative sociali Bologna
37. Vincenza Mittica, insegnante Reggio Calabria
38. Luigi Marinelli, USB formatore Bologna
39. Alessandro Picciotto, insegnante Palermo
40. Margherita Rinaudo, educatrice cooperativa Bologna
41. Gabriella Reale, insegnante Reggio Calabria
42. Roberta Rini, insegnante Palermo
43. Giuseppina Suraci, insegnante Reggio Calabria
44. Olga Romano, insegnante Milano
45. Letizia Arcuri, RER Bologna
46. Ilenia Argento, insegnante Torino
47. Pina Zechini, educatrice scolastica Bologna
48. Giuseppe Palatrasio, insegnante Torino
49. Laura Marcone, Unibo Bologna
50. Sandro Minelli, Tper Bologna
51. Giovanni Barin, Genitori Tosti Milano
52. Federico Fornasari, Asia USB Emilia Romagna
53. Lorenzo Piccinini, dottorando Bologna
54. Riccardo Rinaldi, dottorando Siena
55. Massimiliano Martino, insegnante Bologna
56. Lutz Kuhn, insegnante Milano
57. Viola Negro, studentessa universitaria Torino
58. Francesco Scolamiero, ingenere Torino
59. Massimo Gabella, dottorando Università di San Marino
60. Vincenzo Maccarone, dottorando Università Dublino
61. Luca Bardino, studente universitario Torino
62. Rosalba Scinardo, insegnante Torino
63. Carlotta Guaragna, Asia USB Torino
64. Fabio Cremaschini, Asia USB Torino
65. Antonio Allegra, insegnante Catania
66. Davide Bonfante, lavoratore autonomo Bologna
67. Giulia Stringhini, studentessa Bologna
68. Alvise Tassell, studente universitario Bologna
69. Eugenia Tarini, studentessa universitaria Bologna
70. Cesare Battistelli, insegnante Mantova
71. Fausto Di Quarto, dottorando Unimib
72. Maria Vittoria Tirinato, insegnante Napoli
73. Giorgio Cremaschi, Eurostop
74. Pierluigi Silva, insegnante Milano
75. Angela Rauseo, dottoranda Università di Modena e Reggio Emilia
76. Valentina Dalla Vista, insegnante Bologna
77. Roberta Miti, guida turistica Bologna
78. Maria Capriulo, insegnante Bologna
79. Miriam Cruciano, insegnante Bologna
80. Paola Calvino, insegnante Napoli
81. Giuseppe Amata, docente universitario in pensione Università di
Catania