Fincantieri: Il 32% dei lavoratori dice NO ai ricatti
Referendum Fincantieri: i No al 32%, la logica del ricatto non sfonda
Ancora una volta i lavoratori, nel segreto dell’urna, spuntano l’arma del ricatto utilizzata da quelli che solo pochi giorni fa, in una stanza del Ministero a Roma, avevano firmato un nuovo contratto in deroga a quello collettivo nazionale.
L’accordo su cui, nella giornata di ieri, sono stati chiamati ad esprimersi gli operai e gli impiegati del cantiere di Castellammare di Stabia è infatti del tutto simile a quelli già previsti per glistabilimenti Fiat di Mirafiori e Pomigliano e, a guardare cosa sono diventate proprio recentemente le promesse fatte all’epoca da Marchionne, c’è davvero poco da stare sereni.
In questa occasione però, a differenza di quanto accaduto a Pomigliano nel 2011, ad avere firmato l’accordo e ad essersi espressi per il Si al referendum erano davvero tutte le sigle sindacali presenti nello stabilimento, anche la Fiom. Nonostante ciò e soprattutto considerata la drammaticità di una situazione che sta travolgendo le vite di centinaia di persone, il plebiscito che ci si aspettava non è arrivato. I si sono stati 320 su 482 votanti (66%) e i No 156 (32%). Se si considera anche che ben 126 tra operai ed impiegati si sono astenuti la percentuale dei Si sul totale degli aventi diritto scende al 52%. Non è, insomma, il rifiuto netto espresso nelle ultime settimane dai lavoratori del San Raffaele di Milano e dell’Ipercoop Campania ma, considerato il contesto e gli sforzi logoranti di una lotta che va avanti ormai da anni, il segnale che arriva dalla fabbrica è piuttosto chiaro.
A fronte di ben 230 esuberi su 613 dipendenti (il 38% della forza lavoro), della rinuncia alla pausa mensa e di una flessibilità ancora più spinta con l’adozione dell’orario “plurisettimanale” (che prevede un aumento del numero massimo di ore di lavoro) si garantisce la prosecuzione delle attività per un solo altro anno con l’acquisizione di una commessa canadese e si promettono 10 milioni d’investimenti per l’ammodernamento degli impianti.
A questo dissenso bisognerebbe poi sommare quello ancora più deciso dell’indotto che rappresenta una buona fetta dell’economia del territorio stabiese e che viene drasticamente tagliato in considerazione del fatto che molte attività verranno reinternalizzate.
E sulla giornata del voto arriva anche un’inquietante denuncia del Pcl che racconta di avere subito intimidazioni da parte della polizia e minacce da parte di alcuni sindacalisti durante un volantinaggio fuori ai cancelli dell’impianto.
Anche la Fiom firma ed accetta il ricatto di Finmeccanica qad impronta Marchionne.
Il fatto che il colosso pubblico abbia riconosciuto il ruolo della Fiom non giustifica la firma di un accordo simile a quello respinto a Pomigliano.
Preoccupa questo atteggiamento della Fiom che sembra avviarsi verso un percorso che, firmando la resa, la riporti ai tavoli negoziali.
Se posso capire quei lavoratori che anno votato SI all’accordo dinanzi alla prospettiva di perdere quel poco che gli è rimasto incomprensibile è l’opportunismo, anche della Fiom, che accettano i ricatti in nome di una commessa che non risolve i problemi occupazionali del cantiere ma apre in modo definitivo la strada per la cancellazione dei diritti e delle conquiste del secolo scorso.