Giovanetti e il nuovo feudalesimo
Giovanetti sul giornale che dirige domenica ha scritto un articolo che esalta l’accordo sulla produttività firmato da governo e parti sociale ad esclusione della Cgil.
Scrive G. Meletti su Il fatto quotidiano del 26-11-12 “Una generazione di italiani cresciuta nell’attesa della rivoluzione rischia di invecchiare con l’incubo di uscire dal capitalismo marciando verso un nuovo feudalesimo. Non è uno scherzo, come non lo è l’accordo sulla produttività firmato mercoledì scorso a palazzo Chigi.
Il punto 7 rimette indietro le di 150 anni le lancette della storia.: le parti ritengono necessario che la contrattazione collettiva si eserciti, con piena autonomia, su materie oggi regolate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge.
I sindacati firmatari ottengono di vedersela con i padroni, liberamente, senza che la forza di legge intralci il libero dispiegarsi dei rapporti di forza su materie come l’orario di lavoro, il cosiddetto demansionamento, che oggi il codice civile semplicemente vieta.”
La storia e le lotte di quanti non si piegarono al ricatto dei padroni di allora hanno permesso di conquistare le otto ore giornaliere, le 40 ore settimanali e tutti quei diritti che oggi l’Europa della troika vuole cancellare usando lo spread e la crisi.
Giovanetti direttore del giornale l’Adige nel suo articolo di fondo di domenica scorsa fa proprie tutte le argomentazioni dei padroni del 1948 spacciandole per modernità.
La sua passione per il feudalesimo lo porta a sostenere che la detassazione del premi di produttività porterebbero 850 euro di aumento al mese. Forse il direttore dell’Adige non sa che i premi di risultato si aggirano mediamente dai 2 ai 3 mila euro annui e quindi quella cifra è impossibile.
Inoltre sottovaluta cosa significa essere posti davanti ad un ricatto sul posto di lavoro, come successo a Taranto obbligando i lavoratori a scegliere fra lavoro a salute o come a Pomigliano fra diritti costituzionali e lavoro. Ora, grazie all’accordo sulla produttività questo ricatto sarà legalizzato e generalizzato in tutte le aziende, sottoscritto da sindacato e lavoratori come nel lontano 1848 quanto i lavoratori firmavano con i padroni le richieste di abolire la legge che portava la giornata lavorativa a 10 ore al giorno dichiarandosi disponibili a lavorare anche oltre le dieci ore per racimolare qualche penny in più.
Come si vede nessuna novità sotto il sole. La lotta di classe, oggi come allora, viene praticata e usata dai padroni per aumentare i loro profitti e ridurre il lavoro in schiavitù. Alla faccia della disoccupazione giovanile l’accordo sulla produttività, incentivando il lavoro straordinario, farà si che ci siano molti lavoratori che faranno straordinario mentre gli altri saranno licenziati o rimarranno disoccupati. Il contrario di quello che servirebbe per contrastare la disoccupazione.
Infine la perla della sua saggezza Giovanetti la sfodera quanto sostiene che, a prescindere da chi uscirà vincitore dalla prossime consultazioni della primavera 2013 si dovrà dare continuità “all’agenda delle riforme” continuando sulla scia inaugurata dal governo Monti.
Non serve essere professori per rendersi conto che quell’agenda ci porta direttamente alla situazione greca. Infatti dopo un anno di governo tecnico i dati ci dicono che: siamo in piena (e durerà a lungo) recessione (- 2,6%), la disoccupazione è all’11% (36% quella giovanile), circa 800.000 lavoratori sono in cassa integrazione con prospettive quasi nulle di rientro al lavoro, l’inflazione del “carrello della spesa” è del 4,7% mentre i salari e gli stipendi stanno perdendo terreno rispetto all’aumento dei prezzi, i consumi calano del 2% annuo, la fiducia dei consumatori si è attestata al livello più basso dal 1996, la tassazione diretta (irpef) e indiretta (imu e tariffe, ecc) ha raggiunto limiti insopportabili mentre in Italia si continua ad evadere per oltre180 miliardi di euro, imperversa il lavoro nero, sottopagato, precario e spesso gratuito (come la festival dell’economia).
Mentre sul versante dei tagli alla politica la spending review ha lasciato intatti gli stipendi dei politici e dei manager pubblici alla faccia delle politiche si equità tanto sbandierate al momento del suo insediamento.
Caro Giovanetti, ideologico non è chi si batte per un modello sociale diverso, per i diritti, per il welfare, per un’Europa dei popoli anziché dei capitali ma di quanti continuano a sostenere le politiche neoliberiste che ci hanno portati in questo baratro. Ideologia è sostenere che la soluzione della crisi sta nel continuare le politiche che l’hanno causata.
Ezio Casagranda