Governo Letta: Un ministro africano
Cecile Kyenge, un’africana ministro all’integrazione e alla cooperazione.
Nella palese difficoltà e incongruenza di un esecutivo di larghe intese, il governo Letta, che certo io non mi auguravo per il nostro paese, spicca un evento davvero unico nella storia della nostra Repubblica: un ministro donna, originaria del Congo, che si occuperà di integrazione e di cooperazione internazionale.
E’ un medico, chirurgo e specializzato in oculistica, che vive da molti anni in Italia, ha sposato un italiano, è madre di due figlie, ed oltre ad esercitare la sua professione si occupa da sempre di diritti di cittadinanza, uguaglianza e tutela degli immigrati.
Un esempio, tra i tanti che purtroppo non fanno testo, del contributo dato dalla stragrande maggioranza di immigrati nel nostro paese. Ricordo che l’Italia è considerato a livello internazionale un paese a bassissimo livello di integrazione, di democrazia, di reali opportunità, di convivenza civile per chi, straniero, ci arriva.
Un paese segnato purtroppo da una cultura xenofoba e razzista, portata avanti negli ultimi decenni e in modo pervicace da partiti che ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia.
La signora Kyenge, saggia e intelligente, con un percorso di vita fatto di sacrifici, dignità e determinazione, sarà di certo un valore aggiunto al cambiamento di cui L’Italia ha bisogno, che è anche culturale e sociale. Che ha bisogno di volare alto e di creare coesione, patti tra “vecchi” e “nuovi” cittadini, tra generazioni, tra lavoratori, tra uomini e donne, per ricostruire un tessuto sociale sano.
Sono certa del fatto che lei saprà parlare al cuore e alla testa di tutti e lavorerà per il bene comune, non solo per quello di una parte, la “sua” parte. Che ha peraltro bisogno che si rimetta mano alla legge Bossi-Fini, che si intervenga sui CIE, Centri di Identificazione ed Espulsione, veri e propri lager, prigioni dove vengono rinchiuse persone che pure non hanno commesso alcun reato se non quello di muoversi nel territorio del mondo: come sancito dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.
In un vuoto normativo e umano insopportabile per un paese che si dichiara civile, che non prevede in realtà diritti né tutele per chi è più debole, che ha inventato il reato di clandestinità. Con l’unico risultato di crearne di nuova, di accrescere l’ emarginazione e con essa le frange malavitose che tanto comodo fanno al crimine organizzato; sono i senza diritti, le ombre che popolano il mondo del lavoro nero e sottopagato, dall’edilizia all’agricoltura.
Sono i nuovi schiavi.
E che dire dei bambini figli di immigrati che nascono e vivono nel nostro paese?
Questi bambini coraggiosi e sapienti, portatori di due culture, di due storie, di due e più lingue, sono ancora considerati “stranieri” sulla base dello jus sanguinis, la legge che si affida in modo barbaro e anacronistico alla discendenza, e non allo jus soli, ormai patrimonio della gran parte dei paesi europei.
In base a questa norma di civiltà, infatti, a determinare la cittadinanza è il fatto di nascere,
crescere, abitare, andare a scuola in un determinato territorio, il suolo (soli) che tutti ci accomuna.
C’è un mare tra queste due concezioni, un mare grande come il Mediterraneo che ha inghiottito tanti giovani disperati in fuga dalla miseria, dalle dittature, alla ricerca di un lavoro e di una vita dignitosa. E quel mare va colmato con buone leggi, con buone pratiche di governo, con saggezza e cultura, con intelligenza e umanità.
Credo che questo ministro della Repubblica, che mi fa sentire orgogliosa di essere italiana, se sostenuta e appoggiata dai partiti e dalla società civile, potrà fare davvero un buon lavoro. E’ questo il mio augurio più sincero.
Lucia Coppola, consigliere comunale verde a Trento