I soldi ci sono ma li usano per le armi
Leggiamo sulla stampa che il Governo e il Ministro della Difesa hanno portato in Parlamento la richiesta di acquisto di nuovi armamenti la cui spesa ricade sul Ministero per lo Sviluppo Economico.
Si riporta inoltre che i tre quarti del budget del Ministero per lo sviluppo economico sono proprio orientati verso la difesa. Sono circa 2,5 miliardi finalizzati all’acquisto di armi fabbricate da Finmeccanica, Fincantieri, Iveco-OtoMelara e altre aziende nazionali ed europee.
La lista del costo delle armi in questi anni, in parte già spesi, è lunga: 21 miliardi per gli aerei Eurofighter, 1,2 miliardi per le modifiche Tornado, 660 milioni per gli aerei M-346, 4 miliardi per gli elicotteri Nh-90, 1,7 miliardi per i missili Fsaf, 4,1 miliardi per i blindati Freccia e 120 milioni per quelli Orso, 1,4 miliard per la portaerei Cavour, 1,5 miliardi per le fregate Orizzonte e 6 miliardi per quelle Fremm, 1,9 miliardi per i sommergibili U-212 e 5,4 miliardi per la Legge Navale.
Insomma in questi anni si sono spesi, si stanno spendendo e si spenderanno oltre 50 miliardi per il rinnovamento degli armamenti.
E tutto ciò senza contare che i costi per un esercito professionista, spesso impegnato in missioni di guerra all’estero, costa al paese cifre enormi sottratte allo sviluppo economico, quello vero.
E si perché il problema è proprio quello del chi paga e prescinde dalla critica etica e politica, già sufficiente da sola a giustificare un NO secco alla rincorsa ad armamenti e sempre più sofisticati strumenti di morte.
In una situazione di crisi economica e sociale come quella attuale, si sostiene lo sviluppo economico comprando nuove armi. Magari facendo qualche guerra qua e là in modo che gli armamenti siano costantemente aggiornati e per missili e munizioni si proceda ad una produzione continua.
Le politiche di guerra hanno spesso rappresentato un volano per l’economia e così sta facendo anche il nostro paese. In questo senso poi i morti che si producono (italiani o di chi andiamo a colpire) diventano un effetto dell’economia di mercato piuttosto che della tragicità della guerra, un danno collaterale e calcolato.
In tutto questo c’è però anche un altro evidente snaturamento dell’economia italiana. Sostenere lo sviluppo con i soldi pubblici e far fare soldi alle aziende private, vuol dire anche ridurre l’impegno economico dello stato nell’ambito del welfare e delle attività industriali sane, quelle che hanno come scopo la produzione di beni e sevizi utili all’uomo e non di pallottole per ucciderli.
Ogni aereo in più vuol dire due o tre ospedali in meno, scuole inutilizzate e insegnanti sempre più precari, riduzione dei servizi sociali, dei mezzi pubblici di trasporto, settimane o mesi in più per la lista di attesa per effettuare una radiografia, aumento delle tasse e nuova disoccupazione, ecc. ecc.
E’ questo quello che vogliono milioni di uomini e donne che vivono in questo paese?
Noi crediamo di no e anche per questo in autunno proponiamo un vero sciopero generale che dica no alle politiche sbagliate del governo Renzi e alle sue controriforme che stanno distruggendo questo paese.
USB Nazionale