Istat fra povertà e disuguaglianze
Oggi sono stati pubblicati i dati sulla povertà e nonostante i dati edulcorati dalla stampa mainstream non riescono a nascondere il dato che in Italia le uniche cose che crescono sono la povertà, le disuguaglianze e le differenza di classe.
Anche se i numeri restano invariati rispetto al 2016, quello che emerge da questa fotografia è che la povertà è in aumento fra i giovani e fra i lavoratori.
Infatti a guidare la classifica dei poveri sono naturalmente gli operai (18,7%) e le famiglie in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione (31,0%). e questo dato cresce particolarmente fra i giovani.
Infatti i lavoratori precari si confermano quelli più a rischio povertà.
La povertà in Italia quindi non scende. Anzi per le famiglie con tre e più figli aumenta in maniera drammatica anche se il governo dice che sta andando tutto per il meglio e che l’Italia cresce.
I poveri “assoluti” sono oltre 5 milioni ed erano poco più di 2 milioni nel 2007. Dall’inizio della crisi le politiche di austerità e le famose riforme del lavoro per rilanciare l’economia hanno fatto raddoppiare i poveri in Italia, hanno aumentato le differenze sociali e territoriali mentre è aumentata la quota di ricchezza in mano al 20% più ricco della popolazione italiana che ora detiene il 61,6% degli attivi finanziari e non finanziari.
Questi dati confermano che le riforme dei vari governi, dalle riforme Berlusconi a quelle di Monti fino a quelle di Renzi sono servite non a risolvere la crisi ma solo a veicolare uno spostamento della ricchezza dalle classi povere a quelle ricche attraverso la compressione dei salari e pensioni, le privatizzazioni di pezzi dello stato sociale e di parti fondamentali del nostro sistema produttivo.
Come sta avvenendo nei casi dell’Ilva e dell’Alitalia dove il governo Gentiloni sta regalando fiumi di soldi a pseudo imprenditori capaci solo di scaricare sul debito pubblico i disastri economi causati dalle loro scelte scellerate.
Ed è grave che davanti a questo scenario il sindacato confederale abbia rinunciato al suo ruolo di tutela del salario e dell’occupazione preferendo avere un ruolo politico che gli ha garantito incarichi nei vari CdiA dei fondi integrativi oltre al monopolio della rappresentanza sindacale sui luoghi di lavoro.
Per questo non solo hanno rinunciato a lottare affinché i lavoratori abbiano salari più equi (i salari italiani sono tra i più bassi d’Europa), maggiore giustizia sociale, combattere precarietà e privatizzazioni ma si sono ben guardati dal combattere un governo impegnato esclusivamente a reperire risorse per banche, assicurazioni, imprenditori e amici degli amici mentre continuano a crescere di giorno in giorno quelle odiose e ingiuste diseguaglianze che i dati Istat sono li a ricordarci.
Ezio Casagranda
Un plauso ad Ezio per le puntuali e preziose informazioni sul fronte sindacale, politico e siciale.
È uno dei pochi in Trentino che dice le cose come stanno, senza ipocrisie e pretesche edulcorazioni.
USB è un esempio di come si difende oggi il lavoro.
CGIL-CISL-UIL l’esempio di come si svende.