Lavoro: fermare il bollettino di guerra

Ieri, un operaio perdeva la vita all’interno dell’Ilva di Taranto e contemporaneamente il tribunale di Torino riduceva le pene ai dirigenti della Thissenkrupp e derubricava il reato da omicidio volontario a omicidio colposo. Una coincidenza temporale che richiama con forza il tema della sicurezza. Mentre i familiari delle vittime della Tyssen esprimevano, occupando per un’ora l’aula del tribunale, la loro rabbia contro una sentenza ignobile e classista a Taranto il sindacato proclamava 24 ore di sciopero contro questo ennesimo omicidio bianco nella fabbrica dei tumori.
Due fatti che ci dicono con chiarezza che le differenze fra destra e sinistra e il conflitto capitale- lavoro, non sono superati ma sono presenti nella vita reale e nello scontro di classe che si svolge in Italia ed nel mondo.
E’ di giovedì la notizia fornita dal direttore dell’Inail, Lucibello, che nel 2012 gli infortuni mortali sono diminuiti del 3% rispetto al 2011. Dati subito contestati dalla Fillea Cgil che dati alla mano ha dimostrato che in rapporto agli occupati gli omicidi bianchi sono percentualmente aumentati.
Ma i dati Inail non rispecchiano la realtà. Infatti, conteggia solo i morti diretti e non vengono conteggiate le morti indirette come quelle che avvengono sul tragitto casa-lavoro (passati come incidenti stradali) o per malattie professionali o come nel caso dell’Ilva i morti da tumore dovuti all’inquinamento dell’azienda.
Se teniamo presente questi criteri, ai quali vanno aggiunti le morte nascoste dal lavoro nero, nel 2012 sono 1180 lavoratori non hanno fatto più ritorno perchè uccisi dall’insicurezza sul lavoro. Un tema, quello delle stragi sul lavoro, troppo spesso dimenticato, ignorato e che, purtroppo, non ha trovato spazio nella campagna elettorale.
Ogni volta che questi omicidi bianche ci toccano da vicino o “bucano” per qualche giorno le prime pagine dei giornali si spendono fiumi di parole, di promesse, di impegni ad intervenire per porre fine o almeno rimedio a questa tragedia nazionale.
Ma poi nessuno fa qualcosa per fermare queste stragi. Anzi l’ultimo intervento del governo Berlsuconi con il Decreto Legislativo 106/09, ha dimezzato le sanzioni, in molti casi ha sostituito l’arresto con l’ammenda ed ha introdotto la salvamanger.
In questi giorni quanti hanno visto le elezioni sono impegnati nella definizione dei punti chiave per un possibile governo ma purtroppo la lotta per la sicurezza sul lavoro non sembra trovare spazio.
Un paese civile come si definisce lo Stato Italiano la questione della sicurezza sul lavoro dovrebbe essere nelle priorità dei governi e delle istituzioni e quindi assumere i necessari interventi per fermare questo triste bollettino di guerra.
Purtroppo casi come quello dell’Ilva dove in governo con decreto è intervenuto per dire che il profitto ha la priorità sulla sicurezza e sulla salute o come la sentenza di Torino che derubricando il reato ad omicidio colposo paragona la strage della TysseKrupp ad un normale incidente stradale.
Purtroppo la strada della prevenzione sarà ancora lunga e si potrà vincere solo se i lavoratori riprenderanno coscienza del loro ruolo diventando protagonisti in fabbrica e nella società per imporre le necessarie politiche di prevenzione.
Ezio Casagranda

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