Lettera agli amici della Valsusa
Care-i, immagino che come me stiate seguendo con il fiato sospeso quanto sta avvenendo in Valle di Susa. Non so che cosa ne pensiate, ma quello che è certo è che la narrazione da parte dei grandi media nazionali di quanto succede in valle sta mostrando tutta la faziosità e la poca professionalità del mondo giornalistico italiano. Le rimozioni, le mezze verità, le censure si susseguono: è quindi dovere di ogni cittadino/a che ha voglia di farsi un’opinione critica sugli avvenimenti in corso cercare e diffondere canali alternativi di informazione. Permettetemi allora di proporvi di lasciare per un attimo (se già non lo avete fatto) la strada segnata dei media mainstream e inoltrarci lungo i sentieri dell’informazione orizzontale, per cercare di contrastare l’occupazione coloniale non solo di una terra ma anche dell’infosfera che l’accompagna.
1. Le ragioni dei notav
La battaglia contro la ferrovia Torino-Lione va avanti ormai da 21 anni e coinvolge l’intera valle, dai sindaci ai cittadini comuni. I documenti messi a punto dal movimento – con l’aiuto di esperti, professori universitari, ecc. – per contestare un’opera inutile e terribilmente costosa (20 miliardi di euro, destinati a crescere) sono numerosi. Ve ne segnalo alcuni:
– In questo dettagliato articolo, il Prof. Angelo Tartaglia – del Politecnico di Torino – confuta una serie di luoghi comuni sulla necessità di costruire la Torino-Lione
– L’associazione Pro Natura del Piemonte ha elaborato un documentointitolato “150 ragioni per dire no al TAV”
– Il “Fatto quotidiano” pubblica oggi (1.3.2012) un articolo sui profitti legati alla costruzione del TAV:
– Oltre 20 giorni fa 360 tra professori ed esperti hanno firmato un appello per chiedere al presidente del consiglio italiano Mario Monti un ripensamento sulla costruzione del TAV. Fino ad ora non c’è stata nessuna risposta. Qui trovate il testo dell’appello con le argomentazioni dei firmatari. Qui invece potete firmare l’appello se desiderate sostenere la richiesta rivolta a Monti.
2. La grande manifestazione
La battaglia dei notav contro la distruzione del loro territorio è diventata ormai di dimensioni nazionali: la Val di Susa è diventata l’immagine di un’Italia che resiste allo scempio ambientale e che propone un altro modo di intendere il rapporto con il territorio e i beni comuni. Così a poco a poco il movimento si è allargato al di fuori della valle: ad ogni manifestazione è aumentata la partecipazione da tutt’Italia. L’ultima manifestazione, quella del 25 febbraio scorso, ha visto la partecipazione di circa 75mila persone. Qui potete trovare molti video relativi a quella splendida giornata di lotta, mentre qui trovate un’intervista a Luca Mercalli, presidente della socierà meteorologica italiana, raccolta durante la manifestazione.
La sera del 25, dopo la manifestazione, le forze dell’ordine che si erano prudentemente tenute in disparte, riappaiono con violenza presso la stazione di Torino Porta Nuova, attaccando senza nessuna ragione un gruppo di manifestanti che stavano salendo su un treno. Qui potete trovare tutta la documentazione (tra cui la testimonianza di Giorgio Cremaschi, FIOM-CGIL, presente durante i tafferugli) relativa a quei fatti. Gli agenti in tenuta anti sommossa hanno lanciato anche lacrimogeni all’interno dei vagoni del treno. Ricordo che l’utilizzo del gas CS contenuto nei lacrimogeni sparati dalla polizia è stato definitivamente vietato nel 1997 con l’entrata in vigore della convenzione sulle armi chimiche di Parigi, firmata nel 1993.
A seguito di questi scontri, scaturiti da evidenti provocazioni delle forze dell’ordine, il circo mediatico si è messo in movimento: le provocazioni sono state ovviamente attribuite ai manifestanti e i tafferugli sono stati utilizzati per non parlare della straordinaria manifestazione appena conclusa.
3. Luca
Luca Abbà, l’uomo inseguito su un traliccio da un poliziotto e precipitato dopo aver preso una scarica elettrica, è un agricoltore i cui terreni sono stati espropriati per farvi passare la ferrovia. Il 27 febbraio, insieme ad altri suoi compagni, ha cercato di resistere allo sgombero della Cascina Clarea, centro di raccolta dei notav, effettuato dalle forze dell’ordine per portare a termine il trasporto dei materiali del cantiere e l’esproprio dei terreni.
Poco dopo l’incidente (ora Luca sembra non essere più in pericolo di vita!) la Polizia di Stato mette in rete un video con il momento della caduta di Luca. Anzi, no: le immagini si interrompono proprio poco prima della caduta, per riprendere poi subito dopo il distacco dal traliccio e mostrare lo schianto a terra. Perché il video è tagliato? Perché è senza audio?
Sulle dinamiche dell’incidente ecco poi una semplice domanda, posta via Twitter da Sandro Ruotolo (@sandroruotolo), giornalista de “Serviziopubblico”:
“@sandroruotolo: #notav se un manifestante sale su un traliccio l’unica cosa che non doveva fare la polizia era quella di arrampicarsi e invece lo ha fatto.”
E poi:
#notav. Bisognava aspettare i vigili del fuoco con i materassi gonfiabili a protezione del manifestante.
Da quel momento il circo mediatico si scatena e dà il peggio di sé stesso, mentre in Val di Susa la popolazione scende per le strade e occupa le principali vie di comunicazione, ad oltranza.
4. Giornalisti con la sirena
Sono un giornalista, ho lavorato per lunghi anni nelle redazioni, sono convinto che la libertà di cronaca sia importante, da difendere a tutti i costi. Ma la mia esperienza mi ha portato a constatare come i giornalisti siano sottoposti a pressioni quotidiane di ogni tipo, a intrusioni politiche nel loro lavoro, a intollerabili ricatti (primo fra tutti quello di una precarietà che è ormai la norma), che spesso li portano a non essere liberi nel proprio giudizio e a interpretare i fatti secondo categorie standardizzate (violenti vs pacifici, ecc.) che è molto pericoloso abbandonare per dare una visione critica di quanto si vede. In più il rapporto che lega a doppio filo media e forze dell’ordine si è stretto ancor di più negli ultimi anni, grazie alla sempre maggiore importanza data ai fatti di cronaca nera: ho cercato di raccontare questo meccanismo in un articolo di qualche tempo fa.
In Val di Susa, durante i blocchi di questi giorni, il giornalismo mainstream italiano ha fallito nel compito di raccontare quanto stava avvenendo, dando luogo anche a vere e proprie manipolazioni della realtà.
La prima è quella che riguarda l’ “insulto” fatto da un manifestante a un agente di polizia in tenuta antisommossa, che ha scatenato le reazioni dell’Italia benpensante. Chiunque abbia frequentato una manifestazione negli ultimi anni in Italia sa che “pecorella” è niente in confronto a quanto gli agenti in divisa dicono normalmente ai manifestanti, donne, bambini, anziani: “troie”, “zecche”, “merde” e altri epiteti si sprecano, con una preferenza per gli insulti machisti e fascisti. A questo proposito vi propongo l’istruttiva lettura di alcune testimonianze di manifestanti internati a Bolzaneto, dopo la manifestazione anti G8 di Genova nel 2001: http://g82001.altervista.org/testimonianze20.htm
Ma torniamo al ragazzo che provoca il poliziotto: qui trovate il video. Il poliziotto ha ricevuto un encomio per non aver reagito: hanno reagito altri al suo posto, con un’eleganza encomiabile. Nella logica dell’”occhio per occhio, dente per dente” che vige nella mentalità dei tutori dell’ordine, è giusto reagire alle parole con le botte.
I media hanno fatto a gara nel condannare la scena del ragazzo che sfotte il poliziotto, eppure hanno dimenticato di citare quello che il ragazzo dice prima(citazione non letterale): “Ce l’hai un segno di riconoscimento? No? Tu sai chi sono, invece io non so chi sei tu. Sei illegale, dovresti portare un segno di riconoscimento”. Il ragazzo ha ragione.
Parliamo allora dell’insulto che – secondo i media assetati di sangue – giustifica cariche, botte e dietro cui si tenta nascondere l’occupazione militare di una valle: “sei una pecorella”. Fiuuu, ragazi, pesante! Complimenti al poliziotto, resistere cinque minuti senza menare le mani davanti a un manifestante disarmato che ti insulta pesantemente… Come avrà fatto? E l’arbitro che ogni domenica si fa dare del cornuto da milioni di italiani o il vigile urbano che ne sente di tutti i colori per una multa? Cosa dovrebbe fare? Un massacro a suon di AK47? Qui c’è evidentemente un problema di proporzioni, ma l’equazione per i media è bell’e fatta: quello che si costruisce è un nesso tra una supposta causa, l’”insulto” (che serve a dare l’idea di manifestanti estremisti, maleducati), e un effetto: la militarizzazione di una valle intera, costruendo un’equazione assurda e insensata.
Beh, vi interessa sapere chi è veramente il manifestante in questione e come è andato a finire il suo dialogo con il poliziotto che occupava la sua valle per un progetto inutile? Leggete qui.
Resto, su questa questione, del parere che ho espresso a caldo via Twitter:
#pecorella più che insulto è (bonaria) analisi sociologica del rapporto tra forze dell’ordine, potere e branco, da #Genova in su #notav
Nel pomeriggio del 29 febbraio un’altro fatto ha mandato in fibrillazione il mondo del giornalismo italiano. Ecco il testo di un’agenzia su quanto avvenuto:
“Una troupe di Corriere Tv, che riprendeva la protesta in Valsusa dei No Tav, è stata aggredita da una trentina di ragazzi con il volto coperto che, sotto minaccia di coltelli, si son fatti consegnare tutte le attrezzature tecniche. Ferito al setto nasale un operatore.”
Le reazioni indignate non si fanno attendere, è un rincorrersi di prese di posizione e condanne. Ma nulla di quanto raccontato è vero. A poco a poco le notizie si precisano, scompaiono i coltelli, i volti coperti, il furto delle attrezzature. Restano dei giornalisti che viaggiano con un mezzo dotato di sirena e lampeggiante e che, intercettati dai notav, sono stati gentilmente, anche se con fermezza, rimandati indietro, come spiegato nel comunicato ufficiale del movimento che mostra anche un video del mezzo su cui viaggiavano i “giornalisti”.
Ma il danno è già stato fatto e il comunicato dei notav non interessa nessuno: questi oscuri e senza volto giornalisti diventano eroi della libertà di informazione, che più che altro è libertà di distorcerla.
5. Notte di follia
Ma, a fronte della potenza mediatica messa in campo dall’informazionemainstream italiana per condannare il ragazzo con la barba e i notav che cacciano i giornalisti, c’è quantomeno una grande ritrosia nel diffondere con la stessa forza le testimonianze della violenza delle forze dell’ordine che – nella notte tra il 29 febbraio e il primo marzo – mettono in campo un’offensiva senza precedenti per mezzi e uomini impiegati allo scopo di sgomberare i presidi notav. Un’offensiva che ha – tra le sue prime vittime – la libertà di informazione: in questo video potete vedere chi in verità è aduso a scacciare i giornalisti che testimoniano delle violenze perpetrate.
Violenza che si sfoga in inseguimenti nei paesi e rastrellamenti casa per casa: qui potete vedere come un gruppo di poliziotti assalti un bar gremito di pericolosi estremisti (tra cui una donna incinta) sfondando la porta d’entrata. “C’è il diritto di cronaca” – dice l’operatore. Risposta: “Per adesso no”.
Ecco, appunto, “Per adesso no”: la libertà di cronaca può essere sospesa, gli uomini con l’elmetto hanno anche questo potere.
6. conclusioni
Cosa possiamo fare, noi? Resistere. Diffondere le informazioni che i media non diffondo, partecipare, se possibile, alle manifestazioni sui territori in solidarietà alla val di Susa. Quello che sta succedendo lì ci riguarda così tanto che oggi non c’è battaglia più importante, per salvare il nostro futuro e questo paese, che sta affondando nei residui tossici della sua mediocrità, che non sa più indignarsi di fronte allo scempio dell’ambiente e delle risorse pubbliche, davanti alla violenza di Stato.
Se questo testo vi è parso utile diffondetelo, fatelo girare, discutetene, ampliatelo, aggiornatelo.
Mattia