No all’apartheid sindacale
Rischia di passare sotto silenzio il Testo Unico sulla Rappresentanza firmato il 10 gennaio scorso da Cgil, Cisl e Uil (Camusso, Bonanni, Angeletti) e Confindustria (Squinzi) che esplicita il regolamento applicativo dell’accordo del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza sindacale.
Un accordo che vuole ridurre la rappresentanza sindacale ad un ruolo subalterno all’impresa con l’intento di correre ai ripari rispetto all’orientamento della Corte Costituzionale e quindi ridurre i diritti sindacali sui luoghi di lavoro oltre a sanzionare il diritto di sciopero.
Stando alla lettera di quel regolamento tante e complesse sono le regole che sarebbe opportuno che ad ogni delegato sia affiancato un avvocato per non incorrere in sanzioni pecuniarie per la sua attività sindacale.
L’accordo viola la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha riammesso la FIOM in Fiat, e afferma che solo i firmatari che accettano tutte le sue regole hanno i diritti sindacali, dalle deroghe aziendali sui CCNL e sulla stessa legge in materia di orari, prestazione lavorativa e condizioni di lavoro in azienda, praticamente su tutto quanto riguarda il rapporto fra azienda e lavoratore.
Un accordo che per chi contesta gli accordi, anche quelli in deroga, sono previste sanzioni anche pecuniarie sia per i sindacati che per i delegati che vogliono magari contestare un aumento dell’intensità lavorativa o contro modifiche degli orari di lavoro come nel caso delle domeniche per il settore del commercio.
Questo è semplicemente l’accordo separato di Pomigliano esteso a tutti e tenta di sostituirsi alle prerogative del Parlamento dando un’applicazione monopolistica e di parte all’articolo 39 della Costituzione con l’intento di blindare la rappresentanza sindacale, espropriare i lavoratori dei loro diritti nei luoghi di lavoro per attribuirli a Cgil, Cisl e Uil, estinguere il conflitto tra capitale e lavoro, trasformare il sindacato da strumento di organizzazione, di tutela e di emancipazione dei lavoratori in una formidabile stampella degli interessi del capitale e delle imprese.
Oggi il comitato centrale della Fiom chiede il ritiro della firma da parte della Cgil, dimenticando che l’accordo del 31 maggio che disegnava un sindacato collaborativo e connivente con le controparti lo hanno approvato a grande maggioranza.
Per questo la posizione di Landini appare tardiva ed alla fine inconcludente. Infatti come può essere credibile chi ieri ha approvato quell’accordo che porta un pesante attacco alla democrazia, al diritto di sciopero e sancisce il monopolio dei confederali sulla rappresentanza sindacale e oggi protesta contro il regolamento che da applicazione ai contenuti di quell’accordo?
Forse sbaglio ma questa svolta di Landini appare più come un tentativo di aggiustare il tiro contro la Camusso per ottenere qualche cosa e qualche posto in più nel Congresso o nelle segreterie Cgil che porre le basi per una battaglia sindacale finalizzata a cancellare l’accordo del 31 maggio 2013.
Per questo ritengo fondamentale organizzare una grande mobilitazione permanente, capace di coinvolgere delegati e lavoratori di tutte le sigle sindacali di base e di quanti continuano a credere che il diritto del lavoratore di scegliere da chi farsi rappresentare non può essere sacrificato per poter sedere al tavolo dei padroni.
Una prima iniziativa consiste nel dare una corretta informazione ai lavoratori ed alle lavoratrici sui contenuti di quelle intese come condizioni per organizzare lotte di resistenza per cancellare un accordo che sancisce l’apartheid sindacale dentro i luoghi di lavoro.
Ezio Casagranda
In questo momento chi sosterrebbe che il PD sta dalla parte dei lavoratori???Gli stessi che lo direbbero della CGIL???
E’vero!!!Il sindacato è un’alta cosa!!!Alla CGIL gli va troppo bene essere così.di conseguenza non sarà mai “un altra cosa”!!!