NoDalMolin: Sentenza vergognosa

Le condanne comminate dal giudice Michela Rizzi per i trenta attivisti No Dal Molin che il 16 gennaio del 2008 occuparono la prefettura di Vicenza meritano approfondimento e riflessione.
Dichiarare l’ineguaglianza davanti alla legge, infatti, è necessario – e in un certo senso scontato – ma non sufficiente. Perché dietro ai 5 mesi di reclusione inflitti a ciascuno dei vicentini che si incatenarono a una scala ci sono significati profondi, che parlano dei limiti enormi della democrazia nel nostro Paese.
Nell’esprimere la sua sentenza, infatti, il giudice Michela Rizzi ha riconosciuto l’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale che hanno portato i NoDalMolin a occupare la Prefettura vicentina; come a dire che le ragioni che hanno spinto a quel gesto eclatante sono profondamente motivate. Ma, d’altro canto, il giudizio finale riconosce quasi a pieno le richieste della Procura, condannando al carcere – certo, con sospensione della pena, ma si tratta pur sempre di una condanna – 26 persone che hanno agito non per interessi personali o per ottenerne un profitto, ma sotto la spinta di ideali che lo stesso Tribunale riconosce.
E, allora, per capire la sentenza bisogna fare un passo indietro, tra le parole del Pubblico Ministero Paolo Pecori; anch’egli riconoscente della spinta ideale che è alle spalle dell’azione incriminata, eppure determinato nel chiederne la criminalizzazione e la condanna.
Perché, come ha detto nel suo intervento, il cittadino che non ottenga l’ascolto delle proprie istanze da parte dello Stato è chiamato a rassegnarsi. E il diritto alla resistenza, pur godendo di un ampio dibattito giurisprudenziale, non deve essere in alcun modo riconosciuto, in quanto minerebbe le fondamenta dello Stato di diritto.
Ed ecco il punto: le fondamenta dello Stato. Che, nell’esercitare la sua sovranità assoluta, necessita di rassegnazione e silenzio. E non può accettare, di contro, che alcuno ne metta in discussione il processo decisionale, anche se questo ha un carattere impositorio e illegale. Se così fosse, infatti, verrebbe a mancare il nodo centrale del potere: il suo carattere decisionale monopolistico. Ecco perché, di contro, anche di fronte a cittadini che hanno agito sotto la spinta di ragioni fortemente morali e sociali, è necessario agire con un meccanismo sanzionatorio. Che condanni, e che sia da monito.
In altre parole, riconoscere che i cittadini hanno agito per tutelare se stessi e la propria terra da una decisione illegale dello Stato avrebbe significato mettere in discussione il concetto statuale stesso e le prassi e le procedure con le quali si giunge a una decisione. Che – non è una scoperta d’oggi – nel nostro Paese sono tutt’altro che democratiche.
Ecco perché quella del Tribunale di Vicenza era una sentenza già scritta; i suoi punti cardine stavano tutti nelle note redatte a matita sul fascicolo con cui il procuratore Ivano Nelson Salvarani dava avvio al procedimento, 6 anni fa: “fare presto per dare un segnale”. Ovvero, condannateli.
NoDalMolin

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Un commento

  • Ezio

    Questa sentenza è la conferma che siamo una colonia americana e quindi il potere ha deciso di ribadire questa sudditanza colpendo quanti hanno osato opporsi alle logiche ed alle strategie di guerra USA.
    Da prodi a berlusconi il servilismo italiano rimane sempre uguale: vergognoso e offensivo della dignità degli italiani. Ma forse molti di quanti hanno votato Pd hanno perso la dignità.

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