Palestina: 2152 motivi ……
2152 MOTIVI PER DIRE NO ALLA COOPERAZIONE MILITARE CON ISRAELE
Sono previste in autunno nel poligono militare di Capo Frasca in Sardegna esercitazioni congiunte fra l’aeronautica militare italiana e forze aeree di altri paesi dell’area Nato, fra cui la IAF, l’aereonautica militare israeliana. Non è la prima volta che si svolgono, ma quest’anno la notizia della partecipazione israeliana, con gli stessi F-15 e F-16 che nella recente lunga offensiva sulla striscia di Gaza hanno lasciato 2152 morti, in gran parte civili, migliaia di feriti e uno scenario di distruzione che rende ancora più disperata la situazione dei quasi due milioni di gazawi già stremati da un assedio che dura ormai da sette anni, risulta particolarmente intollerabile.
Il Ministero delle Difesa, in seguito agli appelli e alle mobilitazioni, ha specificato sul suo sito che le esercitazioni in Sardegna saranno solo “simulate elettronicamente” e che il quadro delle nazioni partecipanti sarà definito solo questo mese.
Non smentisce e non conferma quindi la presenza israeliana.
Ci uniamo, come rete trentina di associazioni, organismi politici e singoli cittadini, consapevoli della violazioni sempre più intollerabili dei diritti umani e del diritto internazionale che lo stato di Isreaele compie nei confronti della popolazione palestinese, nella richiesta al Governo e ai ministeri competenti affinché che la revoca della partecipazione israeliana sia chiara e motivata.
Riteniamo tuttavia che questo dovrebbe essere solo un primo passo verso la sospensione della cooperazione militare con Israele sancita dall’accordo bilaterale del 2005 (legge 94/2005)
Ricordiamo che mentre alcuni paesi (Spagna, Gran Bretagna) hanno almeno temporaneamente sospeso, durante l’offensiva su Gaza, la fornitura di armi a Israele, l’Italia mantiene il primato in Europa nell’esportazione di materiale bellico verso quel paese: fin dai primi giorni dell’attacco a Gaza, quando i morti si contavano già a centinaia, l’Italia ha consegnato a Israele due caccia addestratori M-346 della Alenia Aermacchi, solo i primi di una più lucrosa fornitura di 28 velivoli. Una circostanza che ha reso evidente come per il nostro governo e l’apparato industrial-militare gli affari di guerra non si fermino nemmeno davanti all’ evidenza della morte. Ma anche altre armi italiane sono state operative nel teatro di sangue di Gaza: i cannoni navali della Oto Melara e i sensori per radar della Selex Galileo. Questo nonostante la legge 85/90 vieti l’esportazione di armi verso paesi in conflitto.
Interrompere il sostegno militare ad Israele è anzitutto un atto di doverosa solidarietà alla popolazione di Gaza e dei Territori Occupati e un sostegno alla resistenza nonviolenta palestinese che da anni chiede, attraverso la campagna BDS (BoicottaggioDisinvestimentoSanzioni), alla comunità internazionale di non sostenere Israele nell’oppressione militare e nella colonnizzazione che sottrae libertà, diritti e risorse.
Ma consideriamo sopratutto un dovere per il nostro Paese interrompere la complicità con uno Stato che conta ormai innumerevoli violazioni delle risoluzioni Onu e i cui crimini di guerra sono palesi. Vogliamo riaffermare che la risoluzione del conflitto non può che tornare nel campo del diritto e della legalità e non siamo più disponibili ad accettare che il diritto internazionale, nato per tutelare anzitutto le popolazioni dai soprusi di qualsiasi potenza, sia usato strumentalmente e a seconda delle convenienze strategiche. Senza entrare nel merito di un altra drammatica questione, non è ammissibile che si invochino sanzioni per il presunto sconfinamento russo in Ucraina e non ci siano provvedimenti di sorta all’ennesima furto annunciato di territorio palestinese.
Comitati trentini “L’altra Europa con Tsipras”