Pensioni e spending review

In questi giorni è tornato alla ribalta il trema dello spending review (rivisitazione della spesa) affidato al commissario Bondi per risparmiare 10 miliardi e quindi evitare l’aumento dell’Iva previsto per questo autunno.
Non è ancora chiaro come sarà il provvedimento che il Consiglio dei Ministri è chiamato a varare ma dalle indiscrezioni di stampa le proposte ricalcano la vecchia politica dei tagli lineari, di tremontiana memoria, sforbiciate per lavoratori pubblici attraverso mobilità e pensionamenti, tagli alla spesa sociale a partire dalla sanità.
Le proposte che emergono indicano che non siamo davanti a proposte innovative (ma allora a che è servito un super tecnico?) ma piuttosto alle solite politiche dei classici (di classe) tagli lineari: sanità e pubblica amministrazione.
Al momento dell’incarico a Bondi invitò i cittadini a fornire eventuali suggerimenti. Ne sono arrivati migliaia e quindi chiedo di conoscere quanti cittadini hanno chiesto di tagliare le spese militari, o di bloccare le grandi opere, o ti bloccare le pensioni d’oro dei vari ministri, parlamentari, manager pubblici e privati e quanti invece hanno chiesto di tagliare sanità e pubblici dipendenti.
E’ un problema di trasparenza e di correttezza nella gestione della cosa pubblica.
Quello che appare inaccettabile è che tecnici e super tecnici hanno in comune una scelta di classe: colpire i deboli e lo stato sociale e salvaguardare le banche, i potenti, le loro ricchezze e le loro rendite di posizione.
Infatti nel mentre la Fornero (che andrà in pensione con il retributivo) con la sua riforma ha portato l’età pensionabile a 67 anni, ha elevato a 42 anni l’anzianità per andare in pensione anticipata con relativa decurtazione ha bloccato la rivalutazione delle pensioni sopra i 1.402 euro nessun intervento è stato previsto per le pensioni d’oro.
Il Sottosegretario Polillo (pensione da 9.541,13 euro mensili) ad un emendamento, poi ritirato, di Crosetto che voleva bloccare le pensioni superiori a 6.000 euro ha risposto che il suo emendamento “smuove un campo troppo ampio”.
Ma quanto pesano le pensioni d’oro e quanto si potrebbe risparmiare applicando un tetto?
Secondo i calcoli fatti dai Cobas dell’inpdap con un tetto di 5.000 euro netti mensili si avrebbe un risparmio di 2,3 miliardi nel pubblico che salirebbero a 15 miliardi se applicata anche al privato.
Intervenire in questo campo si avrebbe il duplice risultato di fare un grande risparmio e di un’operazione di giustizia e di equità sociale.
Questo governo che si appresta ad un ennesima sforbiciata alla spesa sociale con la spending review, che ha varato la peggiore riforma delle pensioni continua a dire no ad ogni intervento che ponga un tetto alle pensioni della casta politica e della casta manageriale che hanno il solo merito di aver portato il paese alla catastrofe.
Infatti (fonte Il Fatto Quotidiano) Cesare Geronzi, ex presidente Unicredit e Generali gode di una pensione complessiva di 33.6888 euro netti al mese per arrivare ad Anna Cancellieri ( ministro degli Interni) 6.688,70 netti mensili, Enrico Bondi (oggi chiamato a fustigare gli sprechi) 5.827,07, Gianpaolo Di Paola, ministro della Difesa) 24.194,64 euro mensili, Massimo Vari sottosegretario allo sviluppo economico 10.253,176 euro netti mensili sono solo alcuni esempi di come oggi quelli che impongono lacrime e sangue ai cittadini italiani godono di pensioni che in rapporto alla media dei pensionati sono stratosferiche e che sommarsi alle cospicue retribuzioni per i loro incarichi di governo.
A quanti potrebbero accusarci di fare demagogia possiamo rispondere che quando uno lavora deve essere riconosciuta la sua professionalità e quindi retribuito di conseguenza ma quanto uno è in pensione fa il pensionato e quindi non ha nessun motivo per avere ancora riconosciuta una professionalità che non esercita più.
Porre un tetto è una questione di giustizia sociale e di solidarietà verso quei cittadini che non hanno avuto la fortuna di svolgere, magari perché privi di raccomandazione politica, i lavori che avrebbero voluto fare anche in relazione al loro titolo di studio.
Monti dopo la missione a Bruxelles è più forte, ma la direzione in cui si muove non cambia in quanto si continua con il taglio della spesa pubblica e ai diritti sociali e continua la sua politica di sottrazione di risorse alla scuola,sanità, ricerca, e politiche per l’occupazione e consegnati alla rendita finanziaria.
Ezio Casagranda

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