Per un Primo maggio di lotta
Pensavo che la regressione politico culturale della Cgil a guida Camusso fosse giunta al livello più basso con la sua adesione al progetto politico di Bersani ma evidentemente mi sbagliavo.
Apprendo dalla stampa nazionale che la Cgil assieme Cisl e Uil (forse anche con L’Ugl?) festeggerà il primo maggio assieme a Confindustria ed altre associazioni del padronato. Nelle piazze di Perugia, Treviso e Bologna sul palco ci saranno assieme ai sindacalisti anche rappresentanti del padronato che da sempre mira a cancellare l’azione RIVENDICATIVA del sindacato.
Bene ha fatto la Fiom a dissentire rispetto a questo modo di festeggiare il primo maggio.
In questo “clima di concordia nazionale e di inciucio governativo”, caldeggiato dal presidente Napolitano, il sindacato dichiara, non a parole ma con i fatti, la fine della lotta di classe, o per essere più precisi, la fine dell’autonomia sindacale e l’indipendenza e la soggettività dei lavoratori sarà sostituita dalla centralità dell’impresa per il cui bene si dovrà fare fronte comune contro il nemico chiamato globalizzazione.
Ma se guardiamo alle scelte fatte dalle confederazioni “l’inciucio sindacale” non deve stupirci. Infatti una grossa responsabilità della grave condizione di disperazione che attanaglia milioni di lavoratori disoccupati, l’assenza di un futuro per le giovani generazioni e la distruzione dei diritti e dei valori fondanti del lavoro, sono da attribuirsi alle politiche subalterne e di pieno accettazione di tutte le manovre governative che, unitamente alla politiche confindustriali, hanno portato il paese in questo stato di recessione.
Disoccupazione, calo della produzione industriale, riduzione dei salari e dei diritti sono il risultato della lenta azione di erosione esercitata dalle associazioni padronali con la complicità dei governi e senza opposizione sindacale. E mentre la Fiat calpestava contratti e Costituzione e cacciava la Fiom dalle sue fabbriche le confederazioni guardavano ai loro piccole convenienze politiche lasciando sola la Fiom ed i lavoratori a contrastare le prevaricazioni di Marchionne.
Ma non solo, ricordo anche il decreto salva Italia che liberalizzando gli orari commerciali costringe i lavoratori e le lavoratrici del settore commercio a trascorrere la giornata del primo maggio al lavoro anziché poter andare in piazza a festeggiare.
Mai avrei immaginato che l’assenza di una progetto politico e l’assenza di una visione strategica autonoma portasse a questa situazione di condivisione dell’impresa.
Questa politica di totale subalternità culturale all’impresa festeggia domani primo maggio il suo epilogo dando vita all’inciucio sindacale dopo l’inciucio istituzionale del governo Letta.
Non è casuale che il nuovo governo mentre a parole sostiene il lavoro nulla dice sulla necessità di cancellare la riforma Fornero, costruire un reddito di cittadinanza, ridurre la precarietà cancellando l’articolo 8 voluto dalla Fiat e per fare una legge sulla rappresentanza.
Ho sempre pensato al primo maggio come alla festa dei lavoratori. Una giornata di lotta che ha sempre simboleggiato la liberazione del lavoro dalla schiavitù del profitto.
Per questo il primo maggio deve continuare ad essere la festa dei lavoratori e della lavoratrici, dei giovani che il lavoro non lo trovano, dei disoccupati e di quanti non si riconoscono nella centralità dell’impresa come motore dello sviluppo.
Il primo maggio non deve diventare la celebrazione di “inciuci sindacali” ma essere una giornata di festa ma soprattutto di lotta per la rivendicazione dei diritti dei lavoratori senza dimenticare quello che è stato per guardare al futuro del mondo del lavoro.
Una giornata di festa a livello mondiale conquistata con dure lotte spesso represse nel sangue come la grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago il primo maggio 1886.
Una giornata che serve ai lavoratori per prendere coscienza della propria forza e per ricordare ai padroni che togliendo ai lavoratori diritti e dignità non si raggiunge nessun obiettivo economico.
Ezio Casagranda
Oggi Cgil Cisl s Uil hanno firmato con Confindustria il PORCELLUM elettorale per eleggere i delegati in azienda.
Un accordo che esclude chi dissente e non accetta accordi capestro.
chiedo con quale coraggio questi si apprestano a festeggiare il 1° maggio se cancellano la democrazia in fabbrica?
Spero che i lavoratori sappiano ribellarsi a questa porcheria.