Primo maggio: lavoro, reddito e diritti
Il Primo Maggio non è un giorno qualsiasi, è la festa del lavoro , della fratellanza universale è una giornata di lotta condivisa da milioni e milioni di lavoratori in tutto il mondo,
E’ una giornata di festa e di lotta di quanti si oppongono ad una ideologia che considera il profitto il valore determinante di una società relegando il lavoratore alla sola funzione di produttore/consumatore per garantire il tranquillo ed ininterrotto funzionamento del ciclo produzione/consumo.
A differenza della domenica di pasqua che i negozi siano restati aperti il 25 aprile o restino aperti domani primo maggio non interessa ne la grande stampa ne i sindacati confederali.
Purtroppo tanti, troppi lavoratori del commercio sono costretti a passare questo giorno di festa nei negozi delle nostre città, tra gli scaffali di un supermercato o all’interno di un centro commerciale di periferia.
Un ulteriore segnale di come il lavoro è stato svalutato e svalorizzato – una festa religiosa vale più di una festa mondiale dei lavoratori – dalle logiche mercantili assunte, purtroppo, anche dal sindacato confederale che punta solo alla loro monetizzazione.
La festa del primo maggio è prima di tutto una giornata dove, in tutto il mondo, si festeggia un grande ideale e un ideale non si vende ne si baratta con qualche elemosina anche perché questa festa appartiene non solo ai sindacati ma a tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Una giornata di festa importante per i lavoratori di tutto il mondo che non solo si battono per rivendicare un salario e ad un lavoro all’insegna della dignità, per affermare il diritto ad uno stato sociale pubblico, efficiente e gratuito.
Il primo maggio che andiamo a festeggiare domani ci impone id riflettere non solo su come oggi il lavoro e sempre più merce a buon mercato ma anche sul fatto che il lavoro non c’è e sarà sempre più difficile trovarlo coma sarà sempre più difficile che il salario sia sufficiente per sbarcare il lunario.
A due anni dall’introduzione del jobs act la crisi morde e sono aumentati i licenziamenti e la cassa integrazione, la disoccupazione è ferma all’11,5% e otto milioni di poveri sono la conferma non solo il fallimento del liberismo ma anche che esiste un problema del lavoro, della sua distribuzione, del salario e del reddito.
Contro chi lotta il sistema risponde aumentando la repressione verso chi si oppone, chi difende il territorio o denuncia gli omicidi di questo sistema sociale (come a Bologna per Abdel Salam morto schiacciato da un tir, a Torino contro i NO Tav, ecc.).
Lavoro, orario, salario, reddito, democrazia e libertà devono ritornare al centro delle iniziative sindacali e della sinistra se si vuole essere alternativi a questa sistema economico dominato dalla finanza e fondato sempre più sulla compressione dei diritti sul lavoro e nella società.
Purtroppo anche il primo maggio nel 2017 le tre confederazioni si limitano ai soli concerti da regalare ai giovani dietro il quale tentare di cancellare le loro responsabilità sulla piaga della disoccupazione giovanile che ormai è stabile, nonostante il jobs act al 40% e per quei pochi che lavorano devono farlo con paghe da fame, sempre sotto ricatto mentre il volontariato è la nuova frontiere del lavoro gratuito.
E questo è ancora più grave soprattutto oggi, che il lavoro è tornato a essere servile, merce comprata al minor prezzo e senza tutele, dove i diritti si vogliono chiamano privilegi, infangando così la memoria di chi per questi diritti ha lottato, s’è sacrificato, è andato in prigione, ha dato la vita.
Diritti collettivamente conquistati a duro prezzo e di conseguenza a duro prezzo collettivamente li dobbiamo difendere organizzandoci dentro un sindacato che non ha rinunciato ne agli ideali che sono alla base della festa del primo maggio, ne a quei legami sociali di solidarietà che trasformano le scelte individuali in scelte collettive.
Quel sindacato oggi, in Italia, si chiama USB.
Ezio Casagranda