Rappresentanza: Le ambiguità di Landini
Penso sia importante fare qualche riflessione su quanto avviene dentro il congresso della Cgil, non tanto perché siamo interessati ai giochi di potere interno all’organizzazione o alla disputa fra Landini e la Camusso ma perché si vogliono legittimare norme contrattuali che violano la Costituzione..
Mi riferisco al forte dissenso della Fiom rispetto ai contenuti del “testo unico sulla rappresentanza” del 10 gennaio siglato da Cgil Cisl e Uil con Confindustria.
Ora basterebbe ricordare a Landini che quel testo è figlio dell’accordo del 31 maggio 2013 sul quale la sua organizzazione ha dato parere favorevole ma il problema non è la coerenza di Landini ma il problema politico che questa disputa nasconde..
Può un referendum fra tutti i lavoratori (o solo fra gli iscritti) sancire la validità di un accordo che contiene norme anticostituzionali come quello che limita lo sciopero o lil diritto del lavoratore di scegliere il suo sindacato di riferimento?
“Nell’accordo separato di Pomigliano sono contenute norme anticostituzionali e quindi il referendum imposto dalla Fiat non ha valore”. Con queste parole Landini sosteneva che per la Fiom quella votazione non era e non poteva essere valida e quindi non sarebbe stata vincolante per la sua organizzazione.
Nell’assemblea dei delegati di Bologna del 14 febbraio Rodotà affermava che “l’accordo può violare la Carta Costituzionale, come fece la Fiat” bocciando senza appello l’accordo sulla rappresentanza firmato lo scorso 10 gennaio dalla segretaria generale della Cgil.
Ora la domanda da porsi è: Se Landini (giudtamente) riteneva il referendum della Fiat non vincolante perché oggi chiede alla Cgil di votare su un accordo che contiene, come in quello della Fiat, norme anticostituzionali come le modifiche al diritto di sciopero??
Resa dei conti in Cgil o cambio di rotta, con una virata a destra del segretario della Fiom?
Il rischio è che a pagare il prezzo di questa ambiguità in Cgil siano i lavoratori, la democrazia e le libertà sindacali.
Per questo la disputa sulle regole per un referendum sull’accordo del 10 gennaio non mi appassionano. Io continuo a pensare che un accordo anticostituzionale rimane tale anche se votato dai lavoratori e quindi quello che serve è rilanciare la lotta per cancellare questo accordo che, in linea con l’italicum vuole sancire il monopolio della rappresentanza a delle minoranze asservite alla troika nel primo caso ed alle imprese nel secondo.
Penso che oggi il compito di quanti lottano contro l’accordo del 10 gennaio 2014 è quello non solo di fare una campagna informativa sui contenuti di quell’accordo e sul fatto che qualsiasi referendum non sarà valido perché quell’accordo contiene norme anticostituzionali in quanto limita il diritto di sciopero e la rappresentanza sindacale cancellando la pronuncia della Corte Costituzionale del luglio 2013.
Quella che ci spetta è una battaglia per la libertà sindacale sequestrata da un accordo che stravolge il senso di partecipazione dei lavoratori alla vita sindacale e lo stesso concetto di democrazia partecipativa.
Ezio Casagranda
pubblicato su http://www.slaicobastrentino.wordpress.com