Renzi, Olivi e gli effetti del jobs act

job actDa due giorni i mass media ci bombardano con i Twitter di Renzi e le dichiarazioni di Poletti sui miracoli occupazionali del jobs act.
Che i padroni utilizzando le nuove leggi sul lavoro pretendono dai loro dipendenti non solo il lavoro ma anche l’anima. Poco importa se, come dimostrano le vicende della Marangoni le condizioni lavorative stanno ormai retrocedendo a forme ottocentesche, per loro quello che conta è vendere bene la riforma del jobs act.
Già a giugno l’Istat ha smentito i dati del governo ed ora, in soccorso a Renzi arriva il prode Tito Boeri messo lì da Renzi per elaborare le “proposte” -leggasi tagli – sulla riforma delle pensioni. Meglio sarebbe dire per distruggere il sistema pensionistico così come lo conosciamo.
Boeri ci vende una crescita dei contratti a tempo indeterminato del 36% nei primi 6 mesi del 2015 (+252.177), quelli a tempo determinato sono rimasti stabili e quelli di apprendistato si sono ridotti (-11.500). Le trasformazioni di vecchi contratti precari in contratti a tempo indeterminato sono aumentate del 30,6%.
Uno si chiede come mai davanti a questi numeri la disoccupazione non cala, anzi i giovani disoccupati hanno raggiunto il 45% dei disoccupati ?
Per un semplice fatto che non si tratta di nuova occupazione ma soltanto della trasformazione dei contratti da precari a tempo determinato a precari in cui il tempo è definito dal padrone. In fatti con il jobs act il padrone li può licenziare quando e come vuole senza giustificato motivo o giusta causa, ovvero ogni qualvolta le aziende decidano di togliersi dai piedi lavoratori non sufficientemente obbedienti.
Naturalmente questa operazione di lifting alla precarietà è ben foraggiata dal governo che regala ai padroni che assumono con il jobs act circa 8000 euro all’anno per tre anni (mancati versamenti dei contributi INPS e fiscalità generale).
Boeri farebbe bene a preoccuparsi delle casse dell’INPS che subiranno un forte salasso e di questi “nuovi assunti”, che si vedranno confezionare pensioni più “magre”.
Un vero regalo a padroni ed imprese.
Leggendo la stampa locale abbiamo visto che anche l’assessore Olivi si gongolava su questi dati che anche per il Trentino vedono una crescita del 54% dimenticando però di dire qualcosa sulla realtà industriale provinciale che non ci sembra goda buona salute.
Dalla Whirlpool alla Subaru, dalla Martinelli alla Gallox, dalla Malgara all’Arcese, tanto per rimanere alle crisi più evidenti Olivi è stato stranamente silente e inattivo svolgendo un ruolo puramente notarile.
Un assessore silente sulle crisi aziendali tanto che anche il presidente del Consiglio ha ritenuto necessario convocare l’assessore per avere una informativa sullo stato industriale del Trentino.
Poi Olivi dimentica, naturalmente come fa il suo collega di partito Renzi, di parlare dell’uso strumentale dei vaucher, come denunciato dal presidente Istat Giorgio Alleva, o del fatto che nel 2015 sono cresciuti del 74% e che sono la nuova frontiera del precariato che attraversa tutte le generazioni.
Purtroppo la propaganda prevale sull’analisi e quindi sia il governo provinciale che quello nazionale fanno finta di ignorare le nuove forme di precarietà mentre sbandierano i dati sugli effetti miracolanti del jobs act che ha trasformato i contratti da precari a stabilmente precari.
La realtà ci dice che non siamo davanti ad una crescita occupazionale ma al gioco della tre carte fatto da un governo obbediente alle disposizioni della banche e della finanza internazionale.
Ezio Casagranda

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