Scontri di Milano. Ora c’e’ la devastazione della legge
L’ora della repressione vera comincia sempre il giorno dopo. Senza qui neppure voler entrare nel giudizio politico sulla frangia, alquanto limitata,di manifestanti sbrigativamente definita dai media di regime come “black bloc”, vediamo come il dispositivo repressivo sta procedendo già da ieri.
In piazza, è stato spiegato successivamente, la polizia avrebbe adottato una tattica “elastica”, puntando a isolare dal corteo vero e proprio quanti se ne allontanavano rapidamente per “sanzionare” obiettivi ritenuti legittimi (banche, ecc).
Sul piano militare questa tattica non sembra aver prodotto gradi risultati in termini di “contenimento”, se non per il fatto di limitare il numero di quanti sarebbero stati obbligati a battersi se le cariche fossero state indirizzate verso il corteo, decisamente imponente.
Sul piano “investigativo”, invece, la stessa tattica potrebbe aver dato qualche risultato in più, potendo disporre oggi di un vasto materiale videofotografico (registrazioni effettuateda reporter, troupe, poliziotti, ma anche dalle telecamere degli esercizi commerciali o dei condomini) “utile” all’identificazione individuale.
Un secondo piano repressivo è quello giudiziario. Riferisce l’agenzia Ansa: “L’ipotesi di reato al centro dell’inchiesta della Procura di Milano, che dovrà accertare le responsabilità per i violenti disordini durante il corteo di ieri nel capoluogo lombardo, è quella di “devastazione”, che prevede pene fino a 15 anni di carcere. Ieri, intanto, sono state arrestate 5 persone in flagranza per resistenza, lesioni e altri reati”.
Sappiamo da tempo che la magistratura, in lite perenne col potere politico per quanto concerne la rispettiva dose di poteri, è totalmente allineata con l’esecutivo nella repressione dei movimenti di protesta, sia sociali e vertenziali che politici.
Uno strumento assai usato, specie da alcune procure “creative”, è la contestazione di fattispecie di reato “sproporzionate” rispeto agli eventi. L’esempio più noto è relativo ad alcuni episodi in Val Susa, per cui è stato contestato il reato di “terrorismo” per un sempice sabotaggio di un generatore elettrico nella notte. O anche l’incriminazione di Erri De Luca per “istigazione alla violenza”…
Il reato di devastazione, per il codice penale, è certamente molto più grave che non “resistenza, lesioni, danneggiamento” e altre fattispecie sempre contestate a seguito di scontri di piazza. Ma a prima vista ha ben poco a che fare con quanto avvenuto a Milano il 1 maggio. Leggiamo:
Dispositivo dell’art. 419 Codice Penale
Titolo V – Dei delitti contro l’ordine pubblico (artt. 414-421)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 285, commette fatti di devastazione (1) o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni (2).
La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi [585 2], munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito (3).
Note
(1) Per devastazione s’intende il danneggiamento o la distruzione tali da interessare la collettività, come ad esempio l’esplosione di un ordigno ad alto potenziale davanti ad un Commissariato di Polizia per l’indiscriminata potenza distruttiva del mezzo impiegato e per la specifica lesione dell’ordine pubblico.
(2) Le condotte sono alternative, tuttavia la loro presenza simultanea comporta un delitto unico, a patto che siano realizzate nel medesimo contesto.
(3) Il secondo comma prevede una circostanza aggravante speciale, che trova giustificazione nel maggior pericolo che deriva da fatti di devastazione o saccheggio che comportano una diminuzione dei mezzi di difesa pubblica e della sottrazione di risorse e sostentamento alle popolazioni.
Non c’è infatti traccia di quel “danneggiamento o distruzione tali da interessare la collettività”, né nei beni (vetrine e negozi, così come alcune automobili, sono rigorosamente beni privati, non collettivi), né negli obiettivi.
E di sicuro non si è vista all’opera alcuna “indiscriminata potenza distruttiva del mezzo impiegato”, perché al massimo sono stati usati petardi e rudimentali “strumenti incendiari”.
La terza nota, poi, chiarisce definitivamente che per parlare di “devastazione e saccheggio” deve verificarsi qualcosa di completamente diverso, ossia fatti “che comportano una diminuzione dei mezzi di difesa pubblica e della sottrazione di risorse e sostentamento alle popolazioni”.
Non a caso “La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi [585 2], munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito (3)”.
Insomma: secondo il Codice penale, è contestabile questo tipo di reato solo se ci sono stati assalti che hanno comportato l’appropriazione di un numero consistente di armi in dotazione alla polizia o altri corpi militari dello stato (il che “diminuisce i mezzi di difesa pubblica”) oppure l’assalto a magazzini contenenti generi alimentari, anche qui in una misura eccezionale, tale da provocare una “sottrazione di risorse e sostentamento alle popolazioni”.
È avvenuto questo, ieri, a Milano?
Certamente no. E allora perché si indaga ipotizzando un reato sideralmente lontano dai fatti specifici? La logica è una sola, la stessa messa in pratica dalla procura torinese contro il movimento No Tav: si contesta un reato molto più grave per “spaventare” in modo duraturo il resto dei movimenti. Un reato con una pena potenziale più alta prevede infatti anche tempi di carcerazione preventiva più lunghi, oppure l’impossibilità dell’indagine “a piede libero”. Anche se poi, al processo, vieni assolto o il reato derubricato, comunque avrai scontato una condanna carceraria abbastanza lunga.
Tutto qui. Ma quando la legge viene usata in modo tanto “creativo” diventa difficile convincere la popolazione che la stessa legge è davvero “uguale per tutti”. E che la magistratura sia sul serio un imparziale “potere terzo”. In questo caso l’unica a uscirne “devastata” sembra appunto la legge. Ma siamo in tempi in cui appare positivo addirittura devastare la Cosituzione, chi volete che se ne preoccupi?
Fonte: Contropiano.org