Scuola: facciamo un po’ di chiarezza
Negli ultimi due mesi, ed in particolare nell’ultima settimana, il sito di Usb Scuola ha segnato un’esplosione degli accessi che ha sorpreso anche noi. Segno di un intervento che si fa sempre più incisivo e diffuso a livello nazionale, e di analisi e letture che hanno incontrato l’approvazione dei lavoratori che non a caso stanno iniziando, finalmente, a vedere in noi l’Organizzazione Sindacale al fianco dei lavoratori, dissociandoci dall’odio antisindacale che investe invece tutti gli altri.
A livello di informazione mainstream, invece, si è assistito ad uno di quei ribaltimenti che ormai non sorprendono più nessuno. Alle veementi proteste di questi giorni viene incredibilmente associato, da alcune testate giornalistiche, il nome di CGIL, CISL e UIL, ovvero i firmatari di un contratto di mobilità che oltre ad essere una capitolazione nell’accettazione della chiamata diretta, si è rivelato per il caos e lo strumento di ingiustizia che è, come avevamo denunciato fin dall’inizio.
Ma che l’informazione sia uno strumento di potere non lo scopriamo certo oggi. Come sempre andiamo avanti. Ciò che invece deve cominciare a rompersi è quella coltre di ambiguità e di malafede che porta ancora parti attive di lavoratori (sempre meno) e soprattutto dirigenti politico-sindacali a stare nel sindacato più grande, anche se questo è complice del disastro in corso.
Questi sedicenti compagni, ultrarivoluzionari a parole e dentro alla CGIL fino alla perdita della dignità politica, oggi sono compartecipi del disastro, ed è bene che queste cose gliele cominciamo a dire chiaramente. Anche nella scuola deve svilupparsi quel processo che in tutti gli altri settori lavorativi, dai Metalmeccanici FIOM alle Cooperative, dai Ministeri ai Trasporti, è ormai un fatto politico rilevante: l’abbandono del sindacato collaborazionista e l’approdo ad una organizzazione indipendente, USB, con un progetto di sindacato di classe e di massa. L’FLC (Cgil Scuola) non è più – ammesso che lo sia mai stato – un soggetto di organizzazione di lotte e di difesa dei lavoratori e della Scuola Pubblica. Non lo sono neanche le altre confederazioni, né quella pletora di sindacati autonomi anche se a volte (in passato) conflittuali, che continuano ad immaginare il destino della scuola come separato da quello degli altri settori lavorativi e si godono la loro ininfluente autonomia.
Altro punto sul quale fare chiarezza riguarda il cosiddetto “esodo” dei docenti del Sud verso le regioni Centro-Settentrionali. Il fenomeno (che peraltro è una costante della storia della scuola italiana!) è innegabile, riguarda diverse migliaia di lavoratori, pone altrettante famiglie di fronte a scelte dolorose e difficili. Molti dei lavoratori coinvolti hanno insegnato per decenni nelle scuole di Palermo, Catania, Napoli, spesso a contatto con quelle parti di società che più hanno bisogno di un intervento educativo. Oggi con la mobilità coatta viene detto che questo ruolo, sempre svolto con difficoltà e spesso senza l’appoggio dell’istituzione, non serve più. Noi crediamo che questi lavoratori porteranno nelle regioni del nord il loro bagaglio di esperienza, conoscenza e capacità di lotta. Già altre volte nella storia di questo paese le ondate migratorie hanno rappresentato momenti di ripresa di conflittualità, allo stesso modo in cui oggi le grandi battaglie per la dignità e i diritti dei lavoratori extracomunitari hanno ridato fiato alle lotte storiche dei contadini lucani, calabresi e di tutto il Mezzogiorno.
Solo questa prospettiva può cancellare d’un tratto il pietismo ed il lamento rituale – che notoriamente non hanno mai migliorato la condizione di nessuno – ed il razzismo più che strisciante con il quale gli apparati di comunicazione stanno raccontando questa vicenda.
Tradotto in parole molto semplici: chiediamo che questi lavoratori si uniscano alle nostre strutture di Torino, Milano, Bologna, del Veneto, del Friuli e del Trentino, e tramutino in rabbia politica quella personale che si portano addosso.
Non va dimenticato mai, per concludere, che la partita che si sta giocando resta quella del ruolo del sistema formativo in questo paese: ciò che dovranno essere tra dieci, venti, trent’anni i bambini, gli adolescenti ed i ragazzi delle nostre scuole. Ciò che devono e dovranno essere gli insegnanti, quali messaggi devono e dovranno trasmettere, quale lo spazio per il pensiero critico.
Le direttive europee, cui tutti indifferentemente inneggiano quasi fossero la soluzione dei problemi della Scuola italiana, sono invece una parte consistente del problema. Nello stesso modo la difesa della Costituzione, e del ruolo che essa assegna alla Scuola, oggi ha un senso se si capisce che a volerla smantellare non è solo il signor Matteo Renzi di Firenze, ma poteri ben più forti ed organizzati a livello continentale.
Il programma dei prossimi mesi è abbastanza chiaro: oggi e nei prossimi giorni saremo in piazza per gridare tutta la nostra contrarietà ad una vergognosa gestione della vicenda della mobilità; all’orizzonte lo Sciopero Generale che abbiamo proclamato per l’autunno e la partita decisiva del Referendum Costituzionale. In mezzo un appuntamento che sta suscitando l’interesse e l’adesione convinta di molti: l’Assemblea Nazionale della scuola che abbiamo lanciato a Roma per il 4 settembre. È il momento, per chi non vuole fare semplice testimonianza, di guardarsi negli occhi e costruire l’alternativa.
USB Scuola Nazionale