Ti spio, ti declasso e poi ti licenzio.
Dovrebbe essere questo il vero titolo della riforma del lavoro che questo governo ha copiato dai testi della Confindustria e che Renzi vuole nascondere dietro jobs act. Una scrittura inglese per cancellare una bruciante verità.
Renzi, per avere qualche dilazione nella resa dei conti imposta all’Italia dall’Europa ha deciso di sacrificare i diritti dei lavoratori e di avviare una massiccia campagna di privatizzazione dei beni pubblici con il decreto “sblocca Italia”.
Non solo, Renzi oltre a camuffare gli intendimenti reali del jobs act con le sue ultime dichiarazioni sulla “crescita di 100 posti di lavoro” vuole ingannare anche i numeri.
Infatti la smentita arriva dall’Istat i cui dati ci dicono che ad ottobre la disoccupazione è salita al 13,2%, in aumento di un + 0,3% rispetto a settembre ed un +1% rispetto ad ottobre 2013. Le persone senza lavoro sono cresciute di 286mila nell’arco di dodici mesi.
Ma non solo anche la disoccupazione giovanile ha subito un forte aumento ed i disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono arrivate a 708 mila pari al 43,3%.
Quindi anche la ventilata riforma del lavoro non fa crescere l’occupazione ma in compenso soddisfa la Confindustria che con il governo Renzi riuscirà a portare a casa un risultato storico. Cancellare lo Statuto dei Lavoratori la dove prevede il divieto di licenziare, spiare e declassare i lavoratori. Obiettivi che i padroni stavano inseguendo da giorno successivo all’entrata in vigore della legge 300/70.
Ma non solo, per la prima volta, non c’era riuscito nemmeno Agnelli negli anni 60, l’agenda del Governo è dettata direttamente dagli uffici studi della Confindustria senza nessuna mediazione con i sindacati e con il Parlamento ormai ridotto a camera di risonanza della scelte renziane.
Davanti a questa realtà poco incidono i giochetti della Cgil di fare sponda con l’opposizione del PD che ogni giorno dimostrano la loro inutilità. Quello che serve non è solo uno sciopero generale dove mostrare i muscoli come negli anni scorsi per poi ritirarsi in ossequioso silenzio seguito dal nulla. Vi ricordate le dichiarazioni roboanti ai tempi della riforma Fornero, “ il governo deve sapere che 40 è un numero magico” o “l’articolo 18 non si tocca” dove purtroppo alle parole non seguirono i fatti.
Lo sciopero non è il fine, ma lo strumento per raggiungere un obiettivo. Per questo è necessario ribaltare il tavolo, non chiede come fa la Cgil con lo sciopero del 12 di riprendere la concertazione accettando di sacrificare il lavoro sull’altare degli interessi dell’impresa e della finanza.
Serve uno sciopero generalizzato che sull’esempio del 14 novembre scorso sappia unire insieme i lavoratori, i movimenti presenti sul territorio – dalla casa all’acqua pubblica, i NO TAV, ecc – e la crescente opposizione sociale ormai dilagante nel paese.
Noi come USB assieme ad altre realtà di movimenti stiamo lavorando per questo obiettivo per rilanciare la lotta contro questo sistema sociale iniquo, in alternativa alla concertazione che lo alimenta socialmente e che anche nella nostra provincia inizia a dare i suoi frutti negativi in termine di perdita di lavoro, di chiusura di fabbriche, di emergenza abitativa, di privatizzazione della sanità mentre si lasciano inalterati i vitalizi e le rendite dei poteri forti che governano la nostra provincia.
p.USB Lavoro Privato
Ezio Casagranda