Trentino: l’isola (felice) che non c’è
I giornali locali hanno riportato i dati riguardanti il lavoro dei giovani in Trentino che i temi della manovra, del patto dio Milano e dell’A22 avevano relegato ai margini della cronaca.
Nonostante che da parte di molti soggetti si tenti ancora di “correggere” o “giustificare” questa realtà, i dati dimostrano che il Trentino, nonostante le grandi disponibilità finanziarie – rispetto ad altre regioni – non è, se mai lo era stata, l’isola felice tanto propagandata dalla politica.
In trentino nei primi 5 mesi del 2011 si sono persi quasi 1000 posti di lavoro a cui si aggiungono i 2624 dello stesso periodo del 2010 mentre continua ad aumentare il trend negativo della disoccupazione giovanile è per chi è più fortunato si vede proporre un lavoro sempre più precario
L’esplosione della disoccupazione giovanile, i dati sull’aumento dei lavoratori in lista di mobilità e il massiccio ricorso alla precarietà sono dati che ci dicono che la provincia e le forze sociali per troppo tempo si sono compiaciute della manovra antirecessiva del 2009 pensando che aver investito qualche percentuale di punto di Pil in più rispetto a Roma sarebbe stato sufficiente a passare la nottata.
La durata della crisi e la crudezza dei dati ci dicono che il re è nudo mentre sul tavolo dell’autonomia non ci sono proposte tali da far prevedere un cambio di marcia sul versante del lavoro a fronte di un accelerazione dei grandi progetti (TAV e Metroland) e dell’introduzione dei ticket al pronto soccorso.
La proposta di ricorre all’apprendistato o a nuove forme di contratto che cancellino l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (perché questo in buona sostanza è la proposta di Ichino e Boeri) serve solo ad aumentare l’attuale situazione di depressione e di precarietà in cui è stato cacciato il lavoro in Trentino.
Non dimentichiamo che le imprese puntano ad un mercato del lavoro duale. Da una parte aumentare il lavoro (sfruttamento) per gli attuali occupati e dall’altra avere, nel lavoro giovanile, una massa precaria e ricattabile da contrapporre ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato.
Il contratto unico proposto da Ichino e Boeri sono la fusione di questa filosofia che per superare le differenze rende tutti i lavoratori, vecchi e giovani, precari, ricattabili e licenziabili e quindi in balia delle scelte unilaterali delle aziende.
Senza inventare astruse forme contrattuali o dilatare l’apprendistato (mi chiedo cosa abbia da apprendere un laureato in ingegneria o in elettronica ) sarebbe un grande passo verso la stabilità occupazionale se la Provincia assumesse alcune scelte politiche semplici ma efficaci.
1) consolidare a tempo indeterminato tutti i contratti a termine che sono alle dipendenze della Pat, dei comuni, delle aziende collegate o a partecipazione pubblica in Trentino. Si tratta di alcune migliaia di lavoratori
2) stabilire che tutte le aziende che direttamente tramite appalto, o indirettamente con le convenzioni lavorano per con l’Ente pubblico, o con aziende pubbliche, non possano avere (salvo casi eccezionali, motivati e per brevi periodi) lavoratori con contratti precari.
Forse, anzi sicuramente, questa scelta non risolverà il problema della precarietà ma sarà un grande esempio di come l’Ente Pubblico può svolgere un ruolo guida ed essere di esempio per contrastare questa metastasi generale che ruba il futuro ai giovani cancellando i diritti di tutti. Un cancro sociale che si chiama precarietà nel e del lavoro.
Ezio Casagranda
28 settembre 2011
Non preoccupatevi, dopo un lavoro precario a vita ed un salario da fame Dellai ci propina anche la sanità integrativa.
Nel futuro, giovani e anziani, avranno la libertà di scegliere se fare la spesa al supermercato o pagare la sanità.
Cosa volete di più? La libertà non ha prezzo!!!!!
Sanprecario